Prima squadra

MALA TEMPORA CURRUNT

L'analisi

03.11.2025 08:00

Il ciclone Palermo porta giorni di bufera su Pescara. La settimana che culminerà con la sfida interna al Monza, ultimo impegno prima dell'ultima sosta del torneo nel 2025 per dare spazio alle Nazionali, si annuncia assai difficile e pesante. Gli strali del presidente Daniele Sebastiani dagli spogliatoi del Barbera hanno lasciato il segno e rendono la partita di domenica, al cospetto di una delle corazzate annunciate del torneo, la gara da non sbagliare, per non rendere la classifica ancora più preoccupante e per salvare anche la panchina di mister Vincenzo Vivarini. Una sola vittoria in undici partite, 8 punti conquistati (di cui uno appena fuori casa) pur avendo giocato 6 gare all'Adriatico e ben 23 reti incassate (9 in due gare, 4 nello scontro diretto in casa della Sampdoria, 5 al Barbera) fotografano un inizio di torneo da brividi, nel quale il pari in rimonta contro il Venezia dopo il doppio svantaggio e, soprattutto, la sonante vittoria sull'Empoli avevano un po' illuso tutti. E invece dopo due mesi e mezzo di campionato scopri che il processo di crescita della truppa si è arrestato al primo tempo di Modena alla quinta giornata, che i pareggi interni strappati al fotofinish con Sudtirol e Carrarese erano dovuti più alla forza della disperazione che non ad altro e che una squadra già con mille problemi non può concedersi il lusso di regalare 4 titolari agli avversari in ogni partita. L'emergenza infermeria rappresenta certamente una reale attenuante, ma da sola non basta a spiegare perchè già a inizio novembre il tecnico è sulla graticola e l'ambiente è sfiduciato. La sconfitta per 5-0 rimediata al Barbera dopo un secondo tempo sconcertante lascia strascichi importanti e conferma il parallelo con l'ultima stagione in B, quella dei tre cambi in panchina (Oddo-Breda-Grassadonia) e culminata con l'amara retrocessione che ha fatto da prologo ai 4 durissimi anni di C. Lo ha fatto capire il presidente parlando esplicitamente di nefaste assonanze sul piano della tenuta fisica (“la squadra non corre, deve lavorare di più”) con quella sciagurata annata, ma i problemi di oggi nascono a monte. Vivarini, comunque non esente da responsabilità, si è ritrovato a lavorare in sede per il ritiro in un clima torrido e con una rosa diversa da quella che ha avuto a fine mercato, quando gli è stata consegnata comunque una squadra zeppa di lacune e contraddizioni, formata negli ultimissimi giorni di sessione da tanti, anzi troppi giocatori in ritardo di condizione e da amalgamare a campionato già iniziato. La stagione, insomma, non era nata sotto una stella buona ma si è ancora in tempo per raddrizzarla. E, paradossalmente, aver perso in questo modo a Palermo fa cadere ogni velo davanti agli occhi e può essere salutare. In uno stadio in festa e contro una squadra costruita non per vincere ma per dominare, i biancazzurri hanno avuto un buonissimo approccio, con tre belle occasioni create nei primi 20 minuti (una ghiottissima, quella di Caligara) e hanno retto bene per tutta la prima frazione, poi si sono sciolti come neve al sole al rientro dagli spogliatoi dopo l'intervallo quando hanno incassato immediatamente il secondo gol. In quel momento la squadra si è sfaldata e ha perso fiducia, palesando una fragilità mentale che nessuno sospettava avesse e praticamente uscendo dal campo per dare spazio al monologo rosanero. Resta poco da salvare, se non l'aver preso piena consapevolezza della situazione e l'aver scoperto che sul baby Brandes, lanciato titolare nella gara più difficile, si può contare. Con il Monza, però, non si può fallire. 

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