Prima squadra

La fiaba biancazzurra scritta dal Gale

La leggenda del calcio pescarese ci ha lasciato

03.11.2025 08:27

Forse non è un caso che abbia lasciato la vita terrena proprio di domenica e nel giorno in cui si incrociavano il capitano del suo primo Pescara e il gioiello del suo secondo Delfino,  entrambi promossi in serie A, cioè Gian Piero Gasperini e Massimiliano Allegri. Giovanni Galeone è morto ieri a Udine, dove era ricoverato da circa due mesi, a 84 anni lasciando un vuoto incolmabile nel calcio italiano e nel cuore di tantissimi tifosi, soprattutto a Pescara dove era amatissimo. Galeone, per tutti "Il Profeta" o "Il Messia" in riva all'Adriatico, è l'uomo dei record del Delfino con due promozioni dalla B alla A (stagioni 1986-87 e 1991-92) e l'unica salvezza del club nella massima serie. Il primo campionato vinto è quello che ha fatto storia: era arrivato per guidare una squadra retrocessa in C e zeppa di ragazzini che, ripescata in cadetteria per i guai del Palermo, era riuscito a portare in serie A al termine di una cavalcata avvincente, conclusa con la vittoria per 1-0 sul Parma di Arrigo Sacchi all'ultima giornata in uno stadio Adriatico pieno come non mai ed ebbro di felicità. Era il Delfino di bomber Stefano Rebonato, dei giovanissimi calciatori locali Andrea Camplone, Giuseppe Gatta e Giacomo Dicara, del senatore Gasperini e di quel Roberto Bosco che segnò il gol dell'apoteosi e che ha anche lavorato nel suo staff una volta appesi gli scarpini al chiodo. La favola di Galeone a Pescara è nata in quella stagione di 39 anni fa, una fiaba che nemmeno i fratelli Grimm avrebbero potuto pensare così, ed è continuata l'anno dopo in serie A, con lo zoccolo duro della precedente squadra rinforzato da due stranieri come Leo Junior e Blaz Sliskovic e senza mai tradire la sua filosofia di gioco votata all'attacco con il 4-3-3 come marchio di fabbrica. Meno integralista di Zeman, un altro che con quel sistema di gioco ha fatto la storia anche a Pescara, e dal carattere più aperto rispetto al boemo, Galeone era in piena sintonia con una città godereccia e che stava vivendo un boom economico e sportivo anche in altre discipline, ad esempio la pallanuoto. E al debutto in A la banda Galeone riuscì nell'impresa di battere l'Inter a San Siro per 2-0 in una giornata che ancora oggi i bambini dell'epoca, ormai genitori, raccontano ai propri figli. Esattamente come il 2-0 rifilato all'Adriatico alla Juventus e firmato da Pagano e Junior, i veri simboli di quella squadra che tagliò il traguardo salvezza a sorpresa. Persino Silvio Berlusconi e Diego Armando Maradona si innamorarono del calcio praticato dal Delfino e, soprattutto, del suo condottiero. Quel Pescara, come quello dell'anno dopo che però non riusci a ripetere il miracolo, era capace di grandi imprese (Roma mandata al tappeto all'Olimpico per 3-1 con tripletta di Tita) ma anche di scivoloni clamorosi, come un 6-0 o un 8-2 in due partite a Napoli. L'anno della retrocessione si passò dal sogno Zona Uefa alla B, ma l'epilogo non scalfì l'amore della tifoseria pet un allenatore che è sempre stato il metro di paragone per i suoi predecessori fino al ritorno. E anche nel 1991-92, con una squadra poco accreditata, riuscì a salire in serie A. Era il Pescara di Ricky Massara e Max Allegri, pescati a Pavia da sconosciuti e lanciati nel calcio che conta, ma anche di Edy Bivi, Ubaldo Righetti e dei superstiti del suo primo Delfino, come Dicara, Camplone e Pagano. L'anno dopo si apre con una nuova vittoria all'Olimpico sulla Roma (0-1) e con la partita ormai diventata iconica per il calcio italiano, quella dove il Milan degli Invincibili di Fabio Capello ha rischiato di capitolare in un ormai epico 4-5 in terra d'Abruzzo dopo essere andato sotto per 4-2. Ma quelle due gare erano state solo un fuoco di artificio effimero di una stagione che per "Il Gale" si concluse anzitempo con un amaro esonero. Tornò poi altre due volte sulla panchina biancazzurra al tramonto della carriera, senza ripetere il precedenti capolavori ma senza scalfire la sua immagine in città di eroe biancazzurro.  



 

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