
Addio di Baldini, la ricostruzione di Luca Telese (direttore de Il Centro)
Il pezzo del noto giornalista
“Sebastiani urla: «Silvio, non facciamo cazzate! Ne abbiamo passate di tutti i colori, supereremo anche questa»”. Luca Telese svela cosa c’è dietro il clamoroso passo indietro del tecnico. Luca Telese, su Il Centro, giornale che dirige da mesi, ha raccontato alcuni aneddoti inediti e il percorso che ha portato alla separazione tra Baldini e il Delfino. Ecco quanto scritto dal direttore del quotidiano abruzzese e notissimo volto tv sulla vicenda:
"PESCARA. Più difficile di chiudere una trattativa difficile c’è solo una cosa: chiudere una trattativa difficile tra persone che si vogliono bene. È questa la prima paradossale legge che ieri, a sorpresa, ha portato Silvio Baldini lontano da Pescara, dopo una drammatica notte di dialoghi a distanza, telefonate ripetute, lunghi viaggi, sms laconici, aperture insperate, silenzi indecifrabili, speranze e docce fredde. Ovvero la notte che sto per raccontare. Se posso ricostruire una parte dell’enigma, raccontare qualcosa che aiuta a capire, è perché - per puro caso - in due dei momenti decisivi di questa storia mi è capitata questa fortuna: c’ero. Mi sono ritrovato - cioè - a casa di Silvio Baldini, lunedì a Massa, quando il mister ragionava se e come restare sulla panchina del Delfino. E mi sono ritrovato nella sede del club quando arrivava - come una doccia scozzese - la sua prima chiamata-choc: “Mi dovete davvero scusare. Non posso restare”.
Immaginate la scena. Nella stanza in cui ero appena entrato, in un clima che sul destino del mister fino a quel momento era stato euforico, festoso, e persino celebrativo. Mi ero appena affacciato alla porta nella stanza del presidente, e stavo consegnando a Daniele Sebastiani e a Pasquale Foggia, che non l’avevano trovato in edicola, alcune copie dello speciale (uscito - ironia della sorte - proprio quella mattina) che il Centro aveva dedicato al mister vittorioso. Entravo sorridente e rimanevo pietrificato: Sebastiani, seduto alla scrivania era terreo e come pietrificato, mentre Foggia, con in mano il suo Iphone (con cui parlava a viva voce) incredulo: “Ma come mister, che dici?”.
Ed ecco cosa stava dicendo Baldini (mentre io, inevitabilmente origliavo) in questo mercoledì sera nero per la storia del Pescara: presidente, direttore - cito in modo non letterale - vi voglio bene, perdonatemi, ma non posso accettare. Mio figlio ha dei problemi a casa, sua moglie soffre perché siano stati lontani da Massa, gli dice che non passa abbastanza tempo con il suo bambino, che si è sentita molto sola. Baldini stava spiegando che per lui la famiglia è tutto, che stava vivendo anche lui “un grande disagio”.
A questo punto mi mordo una mano. Ero stato a intervistare il mister solo due giorni prima, ero stato a cena con lui, avevo sentito quegli stessi racconti, ma non ne avevo capito la proporzione e l’impatto su di lui. Non gli avevo dato il giusto peso. Di più. Forse avevo involontariamente depistato la società e i tifosi, pubblicando la sua intervista del giorno prima. É vero che in quel dialogo Baldini mi diceva: «A Pescara mi sono sentito a casa, voglio restare e vincere ancora». Ma non avevo colto fino in fondo che qualcosa non tornava.
Eravamo nel parco della bellissima casa di Baldini, popolato dei suoi familiari, i suoi amici più stretti, dei nipotini che correvano in mezzo al prato, di cani addormentati vicino ai padroni, con la figlia più amata di Silvio, Valentina, sdraiata su una panchina, che si illuminava di un sorriso solare quando il mister gli fischiava nelle orecchie: «Quanto mi manca questa bimba!». Baldini raccontava dei lunghi viaggi su e giù dopo le partite, con la sua Ford cassonata, di come non fosse riuscito ancora ad andare a caccia, del fatto che i cinquanta giorni continuati senza tornare a casa per via dei play off erano stati «i più lunghi della sua vita». Aggiungeva: «Mi sono stancato molto: tornavamo dopo le partite, cinque ore di guida». Nel meraviglioso libro intervista di Francois Truffaut ad Alfred Hitchcock, il mago del thrilling racconta: «Non c’è posto migliore di un acquario per nascondere una collana di perle. Davanti agli occhi, dove nessuno può vederla». Ecco cosa non avevo visto io.
Non avevo valutato l’inquietudine crescente del mister: «Ma a questa famiglia sono in grado di garantire la sicurezza?». Anche Mattia mi aveva detto un dettaglio importante: «Oggi dovevo iniziare il corso di allenatore a Coverciano, ma mio padre mi ha bloccato: ‘Sei matto? Non vedi i tuoi figli da due mesi, resta con noi». Lui era rimasto. Il clima festoso del giardino di famiglia mi aveva ingannato. Non avevo visto la collana nascosta nell’acquario. Martedì mattina. Sebastiani e Foggia partono da Pescara diretti a Massa, si ritrovano nella stessa villa, nella stessa Pineta, nello stesso clima, popolato di parenti e amici, c’è persino Alessandro, il proprietario di Tatillo, gran maestro della ristorazione di mare, grande amico di Baldini, tifoso sfegatato del Pescara.
Era con noi a cena la sera prima, insieme a Mauro Nardini, vice del mister in panchina. Neanche lui si era accorto del malumore di Silvio: «Adesso penso - mi racconto dopo essere tornato - che covasse dentro di lui dal primo giorno in cui era tornato in Toscana». Con il direttore sportivo e con il presidente, in quel martedì, secondo quanto dicono i testimoni, si parla sopratutto di come rinforzare la squadra, del mercato, di cosa serve per andare in A. Sebastiani, ovviamente, ha portato una offerta economica anche per l’ingaggio di Baldini che deve essere aggiornato.
Lo sanno entrambi, nessuno pensa che possa essere un problema. Dato che ormai è quasi tutto noto si può citare: la società propone 250mila euro (più che triplicato rispetto agli 80mila euro della serie C). E c’è anche un adeguamento per l’amato figlio del mister, Mattia, suo braccio destro e compagno di battaglia in campo. Da 1500 euro a 5mila al mese. Un adeguamento necessario dopo la promozione. L’offerta resta sul tavolo, la risposta definitiva a tutto il pacchetto arriverà il giorno dopo, con calma, ma Sebastiani e Foggia fanno tutto il viaggio di ritorno convinti che l’accordo ci sia. Neanche loro hanno visto la collana nell’aquario.
Il giorno nero è dunque mercoledì. E quella telefonata che piomba come un meteorite nella stanza del presidente. Sono testimone dello sgomento che provoca. Foggia aveva già pianificato la campagna acquisti. Le risorse del Pescara non sono infinite. Foggia scrive al figlio di Baldini (non sento cosa si dicono). Poi gli parla, poi va dal presidente e gli dice: «Rilanciamo. Il nostro progetto è Baldini. I soldi non li abbiamo, ma li faremo saltare fuori». Non c’è stata una richiesta diretta, ma l’idea è che il mister possa affittare una casa, far scendere a Pescara la figlia Valentina e la moglie Paola. È un tentativo. Sebastiani impugna il telefono e chiama il mister. Baldini sembra sorpreso, e anche un po’ turbato.
Sento cosa dice Sebastiani perché urla: «Silvio, non facciamo cazzate! Ne abbiamo passate di tutti i colori, supereremo anche questa. Rinunciamo a un giocatore! Così stai più tranquillo! E tu promettimi che domattina ti metti in macchina, ci sediamo intorno a un tavolo e troviamo la quadra». Click. Poi il presidente del Pescara si gira verso di me, accorgendosi che ero rimasto nella stanza, con il supplemento su Baldini ancora in mano: «E tu cosa fai ancora qui? Esci, dài!». Sbàm. Mi ritrovo in strada. É notte. Scrivo al mister: «Mi informi quando decidi?». La risposta arriva subito: «Parliamo domattina».
Giovedì mattina. Il tam tam è impazzito. Vengo a sapere che si incontreranno Baldini padre e Baldini figlio per discutere di quella controproposta. È l’ultimo treno. L’angoscia esistenziale che ha assalito Baldini è partita da Mattia, dal nipotino, dal corso di Coverciano saltato… è l’ultima chance. Non faccio in tempo a esprimere un desiderio che mi arriva il messaggio di Baldini: sono le stesse parole che finiscono nel comunicato. Ultima doccia scozzese. Gli rispondo d’impulso: «Che dolore». Rien ne va plus"
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