Come sarà il Pescara targato Gorgone?
Le ipotesi, solco tracciato già nella prima seduta?
Ieri è stato il G-Day a Pescara. G ovviamente sta per Giorgio Gorgone, il tecnico chiamato dal presidente Daniele Sebastiani e dal direttore sportivo Pasquale Foggia al capezzale del Delfino per provare a rianimare una squadra biancazzurra in crisi di risultati, di identità e di gioco e con una condizione atletica a detta dei vertici del club non adeguata quando si è già nel cuore del girone di andata. Arrivato martedì sera in città, Gorgone ieri ha firmato il contratto che lo legherà al Pescara fino al termine della stagione con opzione di rinnovo unilaterale in caso di salvezza e ha iniziato a prendere confidenza con l'ambiente, totalmente diverso da quello che aveva conosciuto da calciatore nel 2004. Già ieri con il suo staff ha diretto il primo allenamento al Mastrangelo di Montesilvano e ha una poco più di una settimana per preparare la sfida di Catanzaro, che per lui segna il debutto assoluto in serie B e non solamente l'esordio sulla panchina pescarese. Saranno giorni pieni di lavoro, sul piano tattico e fisico per la truppa, e Gorgone spera già di riuscire a cambiare volto ad un Delfino che annaspa. La società ha voluto dare la scossa alla squadra con il ribaltone, adesso anche il gruppo dei calciatori non ha più alibi ed è chiamato a dimostrare sul campo di avere le carte in regola per giocarsi la salvezza. In questi giorni si capirà come il nuovo allenatore, giovane anagraficamente (ha compiuto 49 anni il 10 agosto) e come head coach (dopo anni da vice, da un solo biennio si è messo in proprio, guidando per due stagioni la Lucchese in Lega Pro con ottimi risultati nonostante la difficilissima situazione societaria che ha trovato sulle rive del Serchio, soprattutto nel 2024-25) quale abito tattico vorrà cucire addosso al Delfino. Pragmatico e non dogmatico, abituato a modellare le sue idee in base al materiale tecnico a disposizione e non viceversa, dovrà innanzitutto decidere a quale tipo di retroguardia affidarsi, se una a 4 uomini (come preferirebbe la presidenza) oppure confermare quella a 3, con esterni a tutta fascia, anche se con accorgimenti e probabilmente uomini diversi rispetto al suo precedessore. Il lavoro di campo lo aiuterà a capire, più in generale, come impostare la fase difensiva, il vero tallone d'Achille della squadra più perforata della categoria (25 gol al passivo, ma potevano essere anche di più) senza per questo andare a penalizzare la fase di sviluppo del gioco. Eredita un Pescara che non segna pochissimo (15 reti all'attivo, come il Palermo e più di Catanzaro, Padova, Empoli, Entella, Sudtirol, Spezia e Sampdoria e del tandem Juve Stabia-Bari che ha una gara in meno) e che finora è riuscito a capitalizzare discretamente in percentuale rispetto alle occasioni prodotte, ma che deve certamente migliorare anche su questo aspetto. Dovrà scegliere se mantenere una sola punta come riferimento o se impiegarne da subito due, una volta recuperato al 100% Frank Tsadjout (l'unico dei lungodegenti che, salvo intoppi, potrebbe essere disponibile dal 1' al Ceravolo), con un trequartista a supporto che in fase di non possesso ripieghi in mediana a fare il centrocampista puro. Difficile, però, si continui ad utilizzare un sottopunta dietro il terminale offensivo, pur lasciando più libertà a una mezzala (ad esempio Dagasso, l'unico biancazzurro che non ha trovato poiché in Under 21). Ieri nel primo assaggio del nuovo corso si è infatti lavorato già sul 3-5-2 con due vere punte in avanti, tracciando dunque un solco nel lavoro tattico che però dovrà poi fare i conti con il recupero di Giacomo Olzer, non facilmente inquadrabile in questo tipo di assetto.

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