Alla scoperta di Mario Ierardi
Il terzino ha debuttato a Viterbo e ora vuole prendersi la titolarità
Il suo è stato l'arrivo a sorpresa del mercato invernale. Già al debutto da subentrante a Viterbo, Mario Ierardi ha pochi mesi per convincere il Delfino a puntare su di lui anche per il futuro. Ma chi è questo difensore? Proviamolo a scoprire suori dal campo.
- Fisico imponente e duttilità per il ragazzo cresciuto nel Genoa. La Serie A soltanto sfiorata e i primi passi in Serie C con Ravenna e Sudtirol. A Vicenza è sfortunato, un infortunio gli ha impedito di mettersi in mostra, anche se in cadetteria quest’anno ha trovato anche il primo gol contro il Monza. Ora l’Abruzzo per tornare determinante. La carriera calcistica di Ierardi parte tardi. La sua passione inizialmente è quella dell’atletica. Da piccolo ha fatto anche gare di velocità e staffette. Aspetto che si porta dietro anche nel calcio. Nonostante il fisico imponente, riesce ad avere una corsa fluida e dirompente. 195 centimetri che fluttuano nell’aria con leggerezza e in campo lo si può ammirare. Con il Milan inizia la sua avventura nel calcio, al fianco di Locatelli, due stagioni e l’infortunio che purtroppo non gli consente la conferma in rossonero. Un passaggio alla Pro Patria, prima di essere notato dal Genoa. I rossoblù non ci pensano due volte e lo portano in Liguria. Inizia con l’U17 ma durante la stagione viene mandato anche in Primavera. Con i grandi a 16 anni gioca due partite e segna due gol. Un impatto devastante. La conferma con l’U19 è scontata e ne diventa subito uno degli imprescindibili. Gioca da terzino destro e si fa apprezzare per le cavalcate lungo l’out di competenza e per la fisicità. La stagione inizia bene con il ritiro agli ordini di Gasperini in prima squadra. Prima giornata e subito convocazione. Si vola a Palermo con i ‘grandi’. Un esordio quasi sfiorato. Cissohko non è al meglio, Gasperini indica a Ierardi di scaldarsi. Potrebbe essere l’inizio di una favola, ma poi la partita ha avuto esigenze diverse ed è rimasto un po’ l’amaro in bocca al classe ’98. Continuerà a lavorare con grande impegno e giocare con la Primavera. L’importante è farsi trovare pronti e alla fine saranno 5 in totale le panchine in A. In rossoblù raggiunge anche la Nazionale e in uno dei ritiri con gli azzurri scatta una foto con Roberto Baggio. Una bella parentesi prima di rituffarsi con il club. L’ultima annata con la Primavera potrebbe essere quella buona, se solo non fosse per quel maledetto infortunio. Stagione compromessa dalla rottura del crociato. La prima esperienza tra i professionisti per Ierardi è a Ravenna. Una stagione importante per il classe ’98. L’obiettivo è quello di ripartire in modo graduale dopo l’infortunio e lavorare per crescere al meglio. In Romagna trova un buon minutaggio e riesce a farsi notare. La sua duttilità e il suo modo di stare in campo non possono passare inosservate. Il Sudtirol sarà la svolta nella sua carriera. A Bolzano trova un ambiente consono per crescere. Senza pressioni, ma soltanto tranquillità nel lavoro. In biancorosso la prima stagione è molto positiva. Gioca una trentina di partite e ha modo di avere la continuità giusta per poter migliorare. Gli altoatesini lo confermano e la fiducia è ben ripagata da Ierardi. Una buona annata con la cavalcata verso i playoff, interrotta soltanto dalla pandemia per il Covid. Un exploit importante a scacciare i fantasmi e la paura dell’infortunio. A riempire la stagione anche un messaggio di Izzo, nel corso di un podcast con il Sudtirol: “Non mi sono dimenticato i bei momenti passati insieme: allenamenti impegnativi, ma anche tante risate. Mi raccomando, continua così, vedrai che un giorno giocheremo contro. Un abbraccio”. Parole che fanno piacere e danno ancor più carica a Mario. Le qualità di Ierardi non sono soltanto quelle che si vedono in campo. Fuori è un ragazzo serio e con la testa sulle spalle. Lo svago con gli amici è normale, preferisce la playstation in compagnia piuttosto che chiudersi nei social. Anche se la sua passione più grande è la pesca. Un hobby tramandato da suo nonno e suo papà e che lui prosegue trasmettendolo a compagni di squadra e fidanzata. Staccare la spina dal calcio per godersi la tranquillità della natura. Un ragazzo semplice, come tanti. Sogni, obiettivi, passioni e la voglia di arrivare in vetta. Per toccare la cima i sentieri sono difficili, fatti di sali e scendi. Ora è il momento di scendere a Pescara, un’opportunità per rilanciarsi e prendere la rincorsa per tornare a riguardare la vetta.
Com’è nata la passione per il pallone?
“Diciamo che al calcio mi sono avvicinato relativamente tardi. Ho sempre coltivato la passione per lo sport e ho cominciato con l’atletica leggera, seguendo mio fratello Marco. Ho fatto gare di velocità, staffette eccetera. Ho sempre corso in scioltezza, nonostante l’altezza (contro la Sambenedettese, quest’anno, ha raggiunto i 35 km/h, record della squadra n.d.r). Nei Camp estivi ho provato vari sport: dal tiro con l’arco al calcio eccetera. Ho conosciuto diversi ragazzi, che poi hanno scelto di giocare al calcio e, ad un certo punto, ho lasciato l’atletica per dedicarmi al pallone per stare con i miei amici”.
Sei cresciuto nel Genoa: dal 2014 al 2017, ci racconti quel periodo?
“Posso dire che nel Genoa ho trovato un ambiente professionale, organizzato, strutturato, con la cura dei dettagli e dei progetti. Con dettagli e modalità diverse per il fatto che io e i mei compagni eravamo minorenni, lontani dalla famiglia, quindi da seguire con attenzione. Ho fatto tante belle amicizie, sono partito ragazzino da casa per rincorrere un sogno, per coltivare una passione e ringrazio chi mi ha consentito di farlo”.
I genitori lo hanno assecondato nelle scelte, supportando quando, giovanissimo, ha lasciato casa e amici. “L’importante - ha detto tua mamma nel nostro Podcast – era che quel ragazzino diventasse uomo forte e leale nella vita e sul campo, sempre con il sorriso tra le labbra”.
Dalla tua famiglia nessuna pressione?
“Mi hanno sempre aiutato e accompagnato nelle scelte, senza alcuna pressione. Mi hanno consentito di uscire di casa giovanissimo per coltivare una passione. Sono sempre vicini, insieme alla mia ragazza, che mi ha dato sempre un grande aiuto. Non è facile gestire la distanza se non hai al fianco una persona speciale, che condivide le tue scelte e le supporta. Ho fatto le mie esperienze, ho imparato a gestire varie situazioni, nella vita e dello sport e ho ancora molto da apprendere, ma ho la fortuna di avere vicino persone preziose”.
Chi ha individuato il tuo talento?
“Giocavo nella Pro Patria quando il d.s. delle giovanili del Genoa mi ha contattato per un provino insieme ad altri due miei compagni. Hanno preso me, loro no. Ero dispiaciuto. Poi mi sono abituato”.
Cinque panchine in A con il Genoa 2015-2016: ricordi?
“Momenti davvero molto belli, ho dei bellissimi ricordi. Ero andato in ritiro con la prima squadra e avevo disputato alcune amichevoli, pensando che all’inizio delle competizioni ufficiali sarei tornato in Primavera, invece in occasione della prima gara di campionato mister Gian Piero Gasperini mi ha convocato, a sorpresa. Siamo andati a giocare a Palermo, in una cornice di pubblico straordinaria, in un’atmosfera per me nuova e magica. E’ stato un bellissimo ricordo, una grande emozione, anche se non sono sceso in campo. Per la prima volta mi sono trovato in un grande stadio da calciatore, di fronte a 30mila persone”.
Poi com’è andata avanti quella stagione?
“Dopo quella prima convocazione mi sono detto che forze qualcuno aveva riposto fiducia in me e ho continuato ad impegnarmi al massimo, a lavorare sui difetti, a crescere. L’obiettivo era quello di farmi trovare sempre pronto. La stagione è andata avanti, ho fatto qualche altra panchina quando c’era la necessità. Mi sono allenato spesso e volentieri con la prima squadra, cercando di imparare il più possibile. Devo dire che fino ad allora gli stadi pieni li avevo visti solo in tv, d’incanto mi ci sono trovato dentro. E’ stato emozionante per me, che non sono sceso in campo, immagino quanto lo sia per chi ha avuto la fortuna di debuttare. Io ho potuto solo pensarci per un po’, quando a Palermo il mister mi ha mandato a scaldarmi perché Cissokho aveva un problema all’adduttore. Mi sono concentrato, ma poi sono subentrate altre necessità e non sono entrato, ma sono contento ugualmente”.
Con chi ti sei trovato a condividere la stanza prima della partita?
“Ho cambiato più volte compagno. Sempre con i più giovani, con gli altri della Primavera, in particolare con Ghiglione, che ora è tornato al Genoa. E poi Nitchan, che arrivava dal Manchester City: lo guardavo con ammirazione, un giocatore davvero forte. Poi sono stato con Laxalt, un grande appassionato di macchine”.
E’ il Genoa di Perin, di Ansaldi. De Maio, Izzo, di capitan Burdisso, dei vari Gomes, Perotti, Figueiras, Suso, Pavoletti, Pandev, Munoz, Ujkani, del trentino Fiamozzi arrivato a stagione inoltrata, di Rigoni, Silva, Tachtsidis, Rincon, Cissokho, Undicesimo posto finale.
Come ti sei trovato in mezzo a tanti giocatori affermati?
“Una squadra in cui si stava bene, in cui ho cercato di imparare il più possibile e quando possibile. Ero il più piccolo e tutti mi trattavano con rispetto, mi davano consigli e mi aiutavano, dicendomi come stare in campo, come guardare sia la palla che l’uomo e poi me lo dimostravano praticamente. Ho un carattere abbastanza scherzoso, quindi non mi sono mai tirato indietro quando si trattava di divertirsi con il pallone”
Con il numero 41 contro quali altre squadre sei andato in panchina con la maglia dei Grifoni?
“Io 41 perché era uno dei numeri riservati ai ragazzi della Primavera che avevano la fortuna di arrivare in prima squadra. Dopo la panchina a Palermo sono stato convocato per le partite con Lazio e Milan in casa, Frosinone e Atalanta in trasferta. Nel Milan c’era Balotelli, che avevo visto solo in tv”.
Due sono stati i tuoi ritiri estivi con il Genoa, in quale hai imparato di più?
“Il primo. La rosa non era completa e noi della Primavera abbiamo lavorato alla pari di tutti gli altri, da protagonisti. Una preziosa esperienza. Sono tanti i ricordi con il Genoa oltre le panchine, ad esempio il Viareggio 2016 con il gol al Rijeka al debutto. Un’esperienza importante”.
Difensore con il vizio del gol?
“Mi piace difendere e ogni tanto mi capita di fare gol e mi piace molto. Sfrutto probabilmente quanto ho imparato in una stagione giocata da attaccante”.
Hai vissuto anche qualche esperienza con le nazionali giovanili, con c.t. Roberto Baronio, sei gare tra under 18 e under 19. Quali ricordi “azzurrini” conservi?
“Ancora più delle panchine in serie A. Alla maglia azzurra non avevo mai pensato, è arrivata ed è stata una soddisfazione enorme, anche perché sei consapevole che ogni chiamata è frutto di una selezione. La prima volta, quando il tutor del convitto di Genova mi ha letto la convocazione sono rimasto a bocca aperta. Non vedevo l’ora di andarci. Ho condiviso quell’esperienza con Cucchietti e con Mazzocchi, che ho ritrovato al SudTirol”.
Il mister che ti ha insegnato di più?
“Cristian Stellini, ora vice di Antonio Conte, ha cambiato il mio modo di pensare, facendomi capire che in ogni partita bisogna dare sempre il massimo e non dare mai nulla di scontato. Da tutti gli allenatori hai sempre tanto da imparare, ogni giorno. Il giocatore si forma mettendo insieme tante lezioni”.
Il compagno e l’avversario più forti?
“Manuel Locatelli, con il quale avevo iniziato a Milan e che ho ritrovato in nazionale, ma anche Cutrone e tanti altri”.
Nell’anno 2016, forse nel momento migliore, ti sei rotto il crociato. Com’è stato cadere e rialzarsi?
“Stavo attraversando un buon periodo, con obiettivi importanti di fronte. Quanto ti infortuni il problema non è tanto il recupero, ma il quando e il come. Ti poni tante domande e devi reagire con la testa prima di tutto”.
Ti consideri un ragazzo social?
“Poco, molto poco. Fin da piccolo ho sempre preferito uscire stare con gli amici e giocare con loro, anche ai video games, piuttosto che stare incollato ai social. Li uso quando serve e quanto basta”.
Piuttosto che chattare ti piace pescare?
“La pesca è una delle mie grandi passioni. Un hobby a cui mi sono affezionato fin da piccolo, con mio nonno e con mio padre. Pratico quasi tutti i tipi di pesca, nel rispetto della natura e degli animali, che mi piacciono. Ogni volta che posso vado a pesca, con tutta l’attrezzatura adeguata. Qualche compagno di squadra mi segue. Ci vado anche con la mia ragazza: le ho fatto scoprire un sacco di posti nuovi, passando dal mare alla montagna, in relazione ai miei spostamenti calcistici”.
Oltre la pesca, nell’extra calcio cosa fai?
“Cose normalissime: esco con i compagni di squadra che sono anche dei veri amici, un po’ di social, play station e tv. Comunque appena ho qualche ora libera e le condizioni lo consentono mi dedico alla pesca. ”.
Fonti: LaCasadiC e sito uffciale SudTirol
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