
Addio, mercato e tanto altro: Repetto non le manda a dire..
Un addio che non ha lasciato indifferenti. Un addio traumatico che ha lasciato il segno. Nel diretto interessato e nel popolo pescarese. Giorgio Repetto torna a parlare dopo molti mesi dal suo esonero, comunicato prima dell'ultima gara della regular season della scorsa stagione (era Pescara-Latina il match). Lo fa senza peli sulla lingua, come è nel suo stile. Dicendo le "sue verità" a Il Messaggero Abruzzo a firma di Pierpaolo Marchetti. "Io non sono un leccapiedi - ha dichiarato Repetto - per restare avrei dovuto essere un uomo a personalità zero ed era un prezzo troppo alto. A gennaio ho cominciato a vedere movimenti di procuratori e d.s. nell'ufficio di Sebastiani e ho capito. Il problema principale è che a Pescara ormai comandano i procuratori, hanno assunto un peso abnorme. Io sono abituato a lavorare in un altro modo... I giocatori prima vanno visti e poi comprati. Per questo a Pescara ho sempre cercato di prendere gente che conoscevo bene. Ma poi gli agenti andavano dal presidente e trovavano udienza. Io vado a vedere un calciatore, se mi piace chiedo chi lo rappresenta. Alla fine ero accerchiato e sono stato insofferente davanti a questa situazione". E continua: "Mi è capitato di dare parere contrario su un giocatore ed essermelo ritrovato in rosa con 5 anni di contratto senza saperlo o di vedere arrivare in prova gente improponibile senza essere avvertito. Peccato, perchè il presidente fino a un certo periodo mi aveva assecondato nelle scelte tecniche. Glielo devo riconoscere. Poi ha pensato di poter fare da solo". E poi: "Io non sono un uomo di finanza, ma faccio i conti della serva. Il primo anno abbiamo potuto disporre di circa 15/16 milioni. C'era la prima trance della cessione di Quintero. E abbiamo chiuso con un segno positivo. Il secondo anno abbiamo speso solo 50mila euro per il riscatto di Bjarnason e 20mila per il prestito di Sansovini a fronte delle cessioni di Capuano e Maniero. Altra annata con il segno più. Il terzo anno addirittura 9 milioni e abbiamo vinto il campionato. Non solo, ho anche lasciato un tesoretto di 3/4 milioni disponibile da settembre 2016 per i bonus di Melchiorri e Torreira, la cessione di Fiamozzi e la valorizzazione di Mandragora. Questi sono i numeri, poi il resto non lo so. E alla luce di questo mi aspettavo un mercato diverso". E Lapadula? E' stato ceduto al Milan (9 milioni in 3 trance annuali) quando lui già era fuori. "Lapadula avrebbe potuto restare. A gennaio avevamo già l'accordo con la Juve che ci avrebbe lasciato in prestito sia lui che Caprari.Avremmo preso meno soldi ma qualche giocatore in più. Ma poi è stato chiaro che c'era troppa gente interessata a fare quell'operazione perchè c'era guadagno per tutti" Anche le scelte degli allenatori non furono serenissime: "Con Oddo ho avuto un rapporto splendido. Ma l'anno precedente io e Pavone avevamo scelto Marco Giampaolo. Poi, al primopiccolo intoppo nella trattativa, la società non ha provato nemmeno a ricucire perchè voleva Baroni. Pochi mesi dopo sono andati a parlare con Zeman e si sono messi d'accordo senza dirmi niente L'ho scoperto dai giornali. Ma l'esonero di Baroni e l'esplosione di Oddo ha fatto saltare i loro piani. E mi vanto di essermi battuto per la conferma di Massimo", dice Repetto Nessun consiglio sulla prossima sessione di mercato da dare al suo ex presidente e ai suoi collaboratori: "L'idea ce l'ho ma la tengo per me. Del resto quando quando mi hanno mandato viaavevo un archivio di circa 300 relazioni su giocatori. Non lo hanno nemmeno voluto..." La bordata finale di Repetto è tutta sull'aspetto che gli ha dato più fastidio. "Avere creduto alla parola d'onore di una persona. Sia chiaro, i presidenti possono fare e decidere ciò che vogliono, ma per quelli della mia generazione la parola d'onore è una cosa seria a livello umano. Credo di essere stato l'unico tesserato del Pescara che ha accettato di avere il premio promozione sulla parola e non ho preso un euro. Mi sono fidato e a 64 anni ho capito di avere fatto una cavolata. Pazienza. Però non mi era mai successo nel calcio. Nemmeno a Messina, quando avevo come presidente Alfano che era il nipote di Tano Badalamenti. Anche lui la stretta di mano l'ha rispettata..."
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