Prima squadra

Rosanna Cadè: "Il mio papà, Pescara e quella storica promozione in A"

3 luglio 1977: Delfino per la prima volta promosso nella massima serie. Il condottiero era Giancarlo Cadè

23.05.2022 09:01

«Pescara è sempre nel mio cuore. E anche papà era legatissimo alla città e a quello storico traguardo raggiunto». A parlare è Rosanna Cadè, figlia di Giancarlo, il compianto tecnico che per la prima volta nella storia portò il Delfino in serie A. Tra un mese e mezzo circa ricorrerà il quarantacinquesimo anniversario di quella straordinaria promozione, con l'esodo di migliaia di pescaresi per gli spareggi che resterà una pagina di calcio indelebile nella memoria collettiva. Era il 3 luglio 1977 quando il Pescara con lo 0-0 con l'Atalanta a Bologna conquistò la massima serie. 

«Ero piccola», racconta oggi la signora Rosanna, «ma ricordo tutto. Si era creato in quella squadra un clima speciale. Pensate che alla vigilia delle partite interne, ad esempio, papà invitava a casa a Francavilla i calciatori, non solo quelli celibi ma anche gli sposati con famiglia, per vedere insieme un film e stare insieme. La cosa che ricordo di più è proprio il legame speciale che si era creato nel gruppo e con la città. Eravamo arrivati nel 1976 e ci siamo fermati per 2 anni, si sono creati rapporti d'affetto che resistono forti anche oggi. Con tutti i giocatori era nato qualcosa di speciale, con Zucchini che era la bandiera ma anche con tutti gli altri, da Galbiati a De Biasi e Bruno Nobili. Alcuni ex biancazzurri di quegli anni sono anche venuti al funerale di papà, una presenza e una partecipazione che mi hanno davvero commosso. Quel Pescara era una famiglia in un calcio che allora era più genuino e sano. Al di là della retorica, i soldi corrompono i rapporti umani sani che invece sono alla base delle cose ben riuscite. Papà parlava spesso di Pescara e di quella stagione della promozione, che fu incredibile, con una squadra che giocava un gran bel calcio. Ma il pallone era sempre il pretesto per parlare in realtà della città e delle tante persone che hanno fatto parte della sua vita come il presidente Caldora, a cui voleva molto bene. Ricambiato. La promozione fu esaltante, una grande festa piena di gioia ed entusiasmo. La tifoseria amava papà, tantissimo e in modo viscerale e ancora oggi ogni volta che torno in città lo percepisco. L'anno successivo alla promozione, quando le cose non stavano andando bene, la tifoseria, non solo quella pescarese ma quella abruzzese in generale, organizzò una raccolta di firme per evitare che la nuova presidenza esonerasse papà. E' una cosa che credo sia nella storia del calcio italiano», ricorda con la voce rotta dall'emozione. 

Tra le tante pagine scritte da Giancarlo Cadè nel grande libro del calcio italiano (si pensi al 5-3 della “Fatal Verona” nel 1973 che costò lo Scudetto al Milan di Rocco all'ultima giornata), quella vergata di azzurro su pagine bianche in riva all'Adriatico aveva nel suo cuore un posto speciale. «Senza dubbio», conferma la figlia. «Ha avuto diverse soddisfazioni in carriera, ma per lui quelle più importanti erano quelle che aveva ottenuto dal punto di vista umano nel suo lavoro. E anche in questo senso Pescara è in cima alla lista. Forse questo aspetto aspetto lo ha un po' penalizzato, non aveva quel cinismo che nel mondo del calcio serviva e serve. Ricordo una definizione che Gianni Brera fece di lui: “Un gentiluomo prestato al calcio”. Ecco, questa frase credo faccia capire ai più giovani chi fosse il mio papà, anche fuori dal rettangolo verde». Oggi il Pescara è in C. «E' una tristezza, dispiace tanto. Pescara è la mia seconda casa e spero possa tornare presto a calcare palcoscenici più importanti. E personalmente non vedo l'ora di tornare in città per abbracciare tanti amici che in questi due anni non ho potuto vedere». 

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