
Destino, sogno e magia: a tutto Silvio, svelatosi sin dal primo giorno (14 luglio 2024)
Il protagonista
“Il destino può mutare, la nostra natura mai”, sosteneva Arthur Schopenhauer. E mister Silvio Baldini sembra la perfetta incarnazione di questa frase: coerente ai suoi principi e ai suoi valori sempre e comunque, ma in grado di cambiare quello che sembra un fato certo. E avverso, come sembrava essere diventato quello della sua squadra non troppe settimane fa. La sua avventura pescarese è stata un'altalena incessante di emozioni, problemi e soluzioni, prima dell'epilogo più bello. Ma Baldini ha sempre avuto la famiglia e il lavoro come stelle polari ed è andato avanti, anche nei momenti più critici. Due in particolare. Il primo, una manciata di giorni dopo l'inizio del ritiro di Palena, quando sembrava poter mollare. Decisiva una chiacchierata con il figlio Mattia, suo preziosissimo collaboratore in campo e uomo che lo ha reso di nuovo nonno in quest'anno fantastico. L'altro dopo il bruttissimo scivolone di Sestri Levante contro l'ultima in classifica, quando sembrava sul punto di dimettersi. “Se lo fai, ti vengo a prendere con la macchina e ti riporto a Pescara”, gli ha detto capitan Brosco a nome di tutta la squadra. Sono episodi che ha svelato lo stesso Baldini, che spesso ha parlato dei suoi calciatori come di figli e che ha raccontato dell'amore per la moglie e la sua Valentina in tante circostanze. “La mia famiglia viene prima di tutto”. Silvio da Canevara ha sempre detto ciò che pensava, anche se scomodo, e lo ha fatto capire a tutti i pescaresi sin dal primo giorno, nonostante qualcuno storcesse già il muso e lo guardava già come un marziano. “Pescara è un posto magico, qui succedono cose strane, senza una spiegazione”, disse quel giorno pronunciando alcune parole poi diventate ricorrenti nei suoi discorsi (sogno, magia e destino) ma anche di quelli di chi, nei momenti più bui del cammino, le utilizzava per schernirlo. “Ho fatto il corso allenatori con Gasperini e mi ha raccontato di quel Pescara '86-'87, retrocesso in C, senza campo d’allenamento e con un precampionato fallimentare. Venne ripescato e passò a giocare a zona mettendo i centrocampisti in difesa: sono andati in serie A”. E proprio nella notte del trionfo del Pescara di Baldini, sugli spalti dell'Adriatico c'era anche chi segnò il gol che portò quel Delfino '86-'87 in A, Roberto Bosco. Un altro segno del destino. “Nel DNA dei tifosi del Pescara non c’è la vittoria, ma come arriva la vittoria. Galeone e Zeman sono maestri, che io posso guardare dal basso in alto. Pescara è una tappa della mia vita che mi ha regalato il destino, un posto magnifico, comunque vada. Pescara ha una magia che ti fa sentire vivo e felice, al posto giusto e nel momento giusto”, disse sempre quel 14 luglio. “Se mettiamo insieme i nostri sogni, tifosi, società, calciatori e staff, noi vinciamo. E il sogno si avvera”. Frasi che quasi 11 mesi dopo assumono un valore profetico. “Voglio calciatori motivati che siano orgogliosi di vestire la maglia del Pescara. Dedicherò la mia vita 24 ore al giorno al Pescara e mi chiuderò nella mia camera d’albergo”. In realtà non è rimasto là, ma ha vissuto la città come pochi entrando in simbiosi con un popolo biancazzurro stanco e sfiduciato. E che non sempre e non tutto è stato dalla sua parte, ma che in fondo ha capito subito che Baldini è un uomo vero e puro, non solo un grande e sottovalutato allenatore. “Per me la vita è fatta di principi e di emozioni, non di soldi. Ho allenato 4 anni gratis e prima sono rimasto 6 anni fermo. Ho rifiutato proposte perché le emozioni sono più importanti dei soldi”, disse sempre quel primo giorno. Da lì iniziò una bella storia d'amore.
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