
Stella a PS24: "Tutti i pescaresi sognano di giocare in biancazzurro. Io ci riuscii, poi.."
Stella di nome e di fatto: sì perché Marco, 35 candeline spente a febbraio, aveva la stoffa per diventare un leader nelle categorie che contano. Esordio in Serie A con il Piacenza a 20 anni, tante aspettative ma una vita condita da diversi infortuni, troppi. Con il Pescara tre stagioni con la maglia da titolare sulle spalle prima di assaggiare campionati decisamente inferiori al suo valore. Oggi Marco gioca in Promozione con il Castiglione Valfino, allenando allievi e giovanissimi della società. In esclusiva per Pescara Sport 24, lo abbiamo contattato per ripercorrere le tappe più importanti della sua carriera.
Qual è stata l’emozione più grande della tua vita da calciatore?
La partita d’esordio con la maglia della prima squadra, dopo l’anno di Primavera, è stata l’emozione più grande della mia carriera. Posso dire di aver realizzato il sogno di tanti ragazzi di Pescara: quello di rappresentare la propria città e i suoi colori. Inoltre sono riuscito a togliermi anche la soddisfazione di segnare per questa maglia: la rete al Catania fu una gioia indescrivibile (3 gol in totale ndr).
Il tuo primo anno da professionista è in serie C nel 2001/2002 con la promozione sfumata ai danni del Catania. Come ti trovavi con mister Iaconi?
In realtà quella stagione non dovevo nemmeno giocarla, considerato che volevano mandarmi in prestito in Serie C2 alla Maceratese. Dopo 2-3 giorni di ritiro con la prima squadra, invece, mister Iaconi mi disse che non mi sarei mosso da Pescara perché aveva intenzione di farmi giocare da titolare. E così fu, perché quell’anno giocai 30 partite, con il rammarico di aver perso la semifinale playoff a Catania con un gol in palese fuorigioco.
L’anno successivo cessione al Piacenza: quali furono i motivi?
Dopo aver disputato la mia prima stagione tra i professionisti, anche grazie alla convocazione in Under 20 dell’Italia, alcune squadre mi notarono e la mia cessione fu inevitabile. Tra l’altro il Piacenza era in Serie A, dunque fui contento di poter far parte di quel gruppo.
Dopo la parentesi all'Ascoli il ritorno al Pescara in prestito, stavolta in B. In quella stagione, visto il ventiduesimo posto finale, cos'è che non andò?
Eravamo partiti alla grande. Il mio gol al Catania ci permise di arrivare al settimo posto in classifica: poi un paio di mesi senza vittoria, il gruppo iniziò a sfaldarsi e la situazione degenerò. Non fummo in grado di risalire.
Poi di nuovo Piacenza, Avellino, Pescara e via via con squadre di categoria inferiore. Dove saresti potuto arrivare senza gli infortuni che hanno condizionato la tua carriera?
L’infortunio più grave al ginocchio l’ho avuto a 26 anni, nel pieno della mia carriera. Non so dove sarei potuto arrivare ma sicuramente la mia vita calcistica tra i professionisti sarebbe finita più tardi, invece che a 30 anni. Comunque il mio rammarico più grande non sono stati tanto gli infortuni ma i tre fallimenti consecutivi nelle ultime tre stagioni della mia carriera.
Quali sono i tuoi obiettivi?
Sono quattro anni che ho preso il patentino ed alleno i ragazzi del Castiglione: loro hanno la stessa voglia di giocare a calcio di quando avevo la loro età. Il mio obiettivo attuale è quello di continuare a divertirmi con loro.
E se un giorno dovesse arrivare la chiamata del Pescara?
Non ti nascondo che, negli anni passati, sarebbe potuto anche succedere. Oggi sto bene così, nel senso che non credo tanto agli allenatori che iniziano già con grandi squadre, ma faccio fede alla gavetta. Semmai un giorno dovesse arrivare l’opportunità, valuterò il da farsi.
Umiltà e perseveranza: ingredienti della ricetta per diventare un grande mister.
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