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28 febbraio 1988: il "Miracolo" a Montesilvano nel giorno di Pescara-Napoli

Il racconto, tra sacro e profano, di un pomeriggio che ha fatto storia

22.06.2020 01:00

A CURA DI DANIELE BERARDI - La fenomenologia dei miracoli cattolici impone una rigorosa verifica delle dinamiche con cui questi si manifestano. Ciò spiega perché Medjugorje è ancora un fascicolo aperto per il Vaticano, che cammina con cautela lungo i tizzoni ardenti dei segni divini. La storia della Chiesa, e dell’uomo, è piena di false rivelazioni, apparizioni millantate e via discorrendo. Ma il 28 febbraio del 1988 qualcuno affermò davvero di aver visto qualcosa. Di certo non i 20 mila che accorsero sul colle della Vecchia, a Montesilvano, chiamati a raccolta da Don Vincenzo Diodati e dalla presunta veggente Maria Fioritti. La giornata di quei fedeli fu molto lunga ed estenuante, conclusa con le medesime preoccupazioni pre-miracolo, impastate con l’amarezza della mancata apparizione. Ma se chiedete al manipolo di tifosi napoletani, giunti all’Adriatico per sostenere la loro squadra contro il Pescara di Giovanni Galeone, probabilmente otterrete una risposta diversa. Per una frangia estrema di adepti maradoniani, che ha messo su un vero istituto episcopale in Argentina, l’esistenza di Diego è già di per sé una manifestazione della concretezza divina. “Di lui abbiamo la certezza che sia effettivamente esistito – recitano le sacre scritture della Chiesa maradoniana -. Di Dio non abbiamo evidenze”. Qualcuno di loro potrebbe tranquillamente tacciare i 20 mila fedeli di aver preteso troppo dall’Altissimo, in quella domenica di febbraio di 32 anni fa. Un’apparizione contemporanea, a quella già in corso all’Adriatico durante Pescara-Napoli, per giunta a pochi chilometri di distanza e nella stessa provincia, sarebbe stata davvero troppo.

La vicenda del miracolo mancato di Montesilvano è molto suggestiva, proprio perché mischia ironicamente sacro e profano. Maradona è in campo ma si vede poco. Gioca ma non lascia il segno, quasi a voler demistificare sé stesso per un giorno, lasciando spazio a qualcosa di più grande. Pescara era come elettrizzata: la contemporaneità dei due eventi (calcio d’inizio della partita e apparizione con scaletta programmata) mise in scena una cornice quasi comica. Marco mi racconta che quel pomeriggio, affacciandosi dal balcone del suo appartamento nei pressi dello stadio Adriatico, riusciva ad osservare manipoli di tifosi biancazzurri, diretti verso le curve, mischiati a drappelli di fedeli che stazionavano nelle strade tenendo lo sguardo fisso verso il sole. Don Vincenzo, parroco della chiesa di Sant’Antonio, aveva dato credito alla presunta veggente e proclamato data, ora e luogo dell’apparizione della Vergine. L’episodio ha conservato grande popolarità col passare degli anni. Ironia della sorte, il parroco ebbe un passato da calciatore in diverse piazze abruzzesi: Teramo, Renato Curi Angolana, Chieti e Lanciano. Figura carismatica, capace di attirare a sé le simpatie di schiere di giovani, ma offuscata dall’associazione col miracolo mancato. In molti lo ricordano solo come una personalità onesta e coinvolgente, ma questo aumenta i dubbi sulle motivazioni che lo spinsero a fidarsi della Fioritti. Quest’ultima faceva parte del suo gruppo di preghiera e Don Vincenzo era stato incaricato dalla Curia abruzzese di verificare l’attendibilità delle sue visioni. Un articolo di Repubblica di quell’anno ricorda che, assieme a Don Vincenzo, anche un altro sacerdote faceva parte di quella commissione di verifica. A quest’ultimo bastarono poco più di alcune ore di colloquio per bollare la Fioritti come eretica. Don Vincenzo, invece, le diede piena fiducia; ma ricordarlo soltanto per il miracolo mancato, secondo alcuni, sarebbe riduttivo.

I racconti di quella giornata si dividono esattamente in due fazioni: c’è chi ironizza su Maradona, e sulla discesa all’Adriatico del Dio del calcio, e chi scuote la testa di fronte allo sviluppo di una vicenda dai tratti surreali. Quello che accomuna le due prospettive è un sottile strato di ironia, che affiora lungo la cronaca degli eventi come un fiume carsico. Maradona non era stato avvertito che quel giorno avrebbe dovuto dividere l’aureola con qualcun altro. Quel Napoli era pieno di talento in attacco e creò non pochi problemi al Pescara. Il portiere biancazzurro Giuseppe Zinetti fu miracoloso quel pomeriggio: lui forse toccato davvero da qualche divinità. C’era Careca, ma c’era anche Fernando De Napoli, che confezionò il cross al bacio per il colpo di testa di Bruno Giordano, che trafisse il portiere abruzzese.

Giacomo Dicara era in campo in quel Pescara-Napoli del 28 febbraio 1988. Ha vestito la maglia biancazzurra più di 200 volte e in molti lo considerano l’emblema di una squadra sbarazzina e spensierata. Dicara ha ricordi piuttosto offuscati di quella partita, ma ciò che fatica a dimenticare è l’atmosfera generale di elettrizzazione, dovuta anche all’avversario di giornata. Il Napoli, campione d’Italia in carica, terminò quel campionato al secondo posto, dietro il Milan di Arrigo Sacchi. Il Pescara chiuse la stagione 1987/88 con una sorprendente salvezza a consuntivo. «Sono a conoscenza delle numerose persone che hanno avuto problemi alla vista – mi dice Dicara – per la prolungata esposizione ai raggi solari di quel giorno. C’era molta euforia in città. Addirittura iniziò circolare la voce che Franco Marchegiani, in marcatura su Giordano nell’azione del gol decisivo, fu accecato proprio da quel sole divino, che di fatto regalò la vittoria al Napoli». Lo stesso Marchegiani scherzò sull’episodio nel post partita. Dicara ci tiene a rimarcare che quel Pescara non avrebbe meritato la sconfitta, ma quella fu una giornata davvero strana.

La delusione in un certo senso fu doppia, poiché sul luogo della presunta apparizione i segni divini stentarono ad arrivare. La collina era gremita dalla mattinata: Repubblica parla di oltre 20 mila fedeli, la questura ne registrò 18 mila, racchiusi in pochi metri di spazio e giunti alla meglio praticamente da tutta Italia. Le tv locali improvvisarono dirette in tempo reale: dopo la tragedia di Vermicino era prassi sdoganata. Sul colle circolarono le prime testimonianze di fenomeni solari sorprendenti, e i venditori ambulanti di sciarpe e magliette avevano fatto in tempo a riciclarsi con santini e candele. Ma all’appello mancava Don Vincenzo: era stato interdetto dalla Curia ed era in preghiera fuori regione, mentre la Fioritti si era recata a Lanciano da alcuni parenti. “Nel pomeriggio – racconta Repubblica - Don Vincenzo telefona ad un'emittente privata: “Tutto sta avvenendo secondo il Vangeloannunciai segni del sole sono stati raccolti dai cuori umili. Il miracolo diventerà visibile anche ai curiosi e agli scettici e avverrà ancora una volta nell' arco di un'ora e mezza: tra mezzanotte e l'una e trenta”. Il quotidiano romano ironizza sul fatto che quell’ora e mezza corrisponde esattamente alla durata di una partita di calcio, che in questa storia è un po’ il convitato di pietra grazie alla passione di Don Vincenzo e alla presenza contemporanea di Maradona in Abruzzo. L’attesa si prolungò fino a notte fonda con scene surreali: bambini lasciati dormire a terra, anziani che faticavano a muoversi sul terreno accidentato e fedeli che cominciavano ad interrogarsi su cosa li trattenesse dal tornarsene a casa. L’esito dell’apparizione non fu quello sperato, malgrado le sparute testimonianze di alcuni fedeli; mentre l’amministrazione comunale già pregustava un imponente ritorno economico di turismo religioso.

L’episodio dell’apparizione mancata è racchiuso nell’immaginario collettivo come una beffa protratta lungo una giornata estenuante. La figura di Don Vincenzo è rimasta particolarmente segnata da quel pomeriggio e da quell’episodio. Il segnale di resa del parroco fu recapitato all’emittente Telemare, qualche giorno dopo, in un malinconico biglietto: «Al momento presente non so spiegarmi perché i segni non ci siano stati: mi concederò un po’ di giorni di preghiera e di riflessione su tutto l’accaduto». Firmato, Don Vincenzo Diodati. La Chiesa prese le distanze dall’evento invitando chiunque avesse dato credito alla donna a rientrare nei ranghi, sfruttando un breve periodo di riflessione necessaria. Il parroco successivamente lasciò l’Abruzzo e morì in Calabria nell’agosto del 2018, pochi giorni prima di compiere 69 anni. La vicenda fu archiviata con una comunicazione ufficiale della Curia che smentiva la possibilità di apparizioni divine in quel di Montesilvano. Ma le scorie di quella giornata perdurano nell’immaginario popolare ancora oggi: “L’unica certezza di quel giorno – dice Repubblicaè la morte posticcia di Assunta Florindi, 66 anni, a causa di un malore”, più decine di persone con danni alla vista, temporanei o permanenti, a causa dell’esposizione prolungata ai raggi solari, come ricordava Dicara. Gli interstizi antropologici della vicenda restano comunque poco chiari e la morte di Don Vincenzo ha portato con sé gli ultimi dubbi sul perché avesse deciso di fidarsi di quella donna. Molti fedeli legati umanamente alla sua figura cancellerebbero volentieri gli strascichi di un pomeriggio così amaro. Gli unici ad essere soddisfatti furono i tifosi napoletani, che tuttavia mancheranno di un soffio il secondo scudetto consecutivo al termine di quell’annata; salvo rifarsi un paio di stagioni più tardi sempre grazie a Maradona. Ma anche Diego quel giorno si fece da parte: la luce divina si era posata da un pezzo sulle sue spalle e quella giornata doveva necessariamente finire in archivio per le aspettative mancate.

 

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