Rubriche

“FIN CHE LA BARCA VA LASCIALA ANDARE?”

Il punto del dott. Pietro Literio, Psicologo/Psicoterapeuta e docente universitario a contratto

26.11.2020 13:19

Riecco il dottor Pietro Literio e la sua rubrica "Calciologicamente", che analizza le vicende di casa Pescara da un punto di vista del tutto particolare. BUONA LETTURA!


Il nostro “Delfino” lentamente sembra affondare, perdendo sempre più le sue certezze in campo, in balia delle onde ancor più agitate. Sembra anche omologarsi al contesto attuale (della pandemia), pieno di incertezze e insicurezze in cui si “naviga a vista” in attesa della soluzione che ci salvi (il vaccino e terapia).

Durante la navigazione a vista è di fondamentale importanza il ruolo del “timoniere” affinché tenga la barra dritta, dando allo stesso tempo coraggio e fiducia ai suoi.

Ma al nostro timoniere Oddo sembra mancare la necessaria e sufficiente serenità nel farlo, così da trasmetterla ai suoi: del resto anche lui ha bisogno di sostegno, di protezione (come dichiarato nella sua prima conferenza stampa di presentazione). Soprattutto avrebbe bisogno di capire cosa gli sta accadendo (dentro), dopo i ripetuti esoneri degli ultimi anni e l’ultima retrocessione (seguita dalla “fusione a freddo” Oddo-Perugia-Pescara), che abbatterebbero anche un toro. 

Bisogna fare presto, anzi nel modo giusto, altrimenti si rischia di superare il “punto di non ritorno”: la “depressione sportiva” (di giocatori, mister e ambiente) che, dopo una sfiorata retrocessione in C, ci ricondurrebbe nell’incubo da cui siamo appena usciti.

Ma come si può evitare la depressione sportiva cronica, la cosiddetta “impotenza appresa” della sconfitta? Si perché il Pescara ultimamente sta sempre più imparando a perdere, allo stesso modo di come si impara a vincere. 
Infatti, come tutti noi abbiamo sperimentato nella vita, le ripetute sconfitte attaccano alla radice le nostre convinzioni di farcela, di vincere, di essere capaci e, secondariamente, la relativa motivazione al successo.

Il campo lo testimonia, al netto dei ripetuti infortuni a questo punto non più casuali (le attenuanti): un gioco spesso lento, discontinuo, complicato, con poco ritmo, scarsa aggressività, più all’indietro (che in avanti) in cui non si osa, condito di errori individuali.

Un Pescara bidimensionale, non a “3D”, a cui manca la profondità, la tridimensionalità. E se tutto questo è frutto di una catena di errori a vari livelli (prodotti in buona fede), perseverare è diabolico: perché ora “il tentativo (sbagliato) di risolvere il problema sta diventando il problema”. Infatti, la ricerca continua di possibili soluzioni tecnico-tattiche (anche con la “forza”) peggiorano il problema, che è diventato principalmente di natura psicologica (individuale e di gruppo).

Non si esce dal “mare agitato” con la forza, sfidando il mare, ma con l’intelligenza emotiva innanzitutto: attraverso l’empatia e l’altruismo genuini nei confronti dei giocatori e del gruppo, combinati ad una capacità di sorprendere, di uscire dagli schemi abituali, soliti, conosciuti, agendo in maniera nuova e spiazzando piacevolmente l’altro. Non serve fare o dare di più, ma diversamente.

Per fare questo bisogna conoscere bene anche i meccanismi della mente e come essa può essere rinforzata attraverso il dialogo interno e l’immaginazione potenziante. Significa conoscere profondamente cos’è e come funziona la motivazione (individuale e di gruppo), che sul campo poi si manifesta con lo sforzo, l’impegno, l’agonismo e l’aggressività: la cosiddetta “fame” in campo che fa la differenza, perché moltiplica le energie (e non le aggiunge) alla tecnica e alla tattica.

Significa conoscere, infine, le dinamiche di gruppo, come si arriva al NOI: “uno per tutti e tutti per uno” (agendo attraverso il “team building”). Presuppone conoscere, innanzitutto, quali sono e come si gestiscono le diverse fasi di costruzione di un gruppo, come si passa dal semplice gruppo (di persone) allo spirito e al lavoro di squadra. 

Il calcio può fare un salto di qualità, un salto culturale e dare piena dignità e importanza agli aspetti psicologici profondamente interdipendenti con gli altri tre aspetti della pratica sportiva: la tecnica, la tattica e la preparazione fisica.

Solo una adeguata e propedeutica preparazione mentale (non improvvisata), fornita a giocatori, allenatore e staff, potrà dare alla prestazione sportiva (individuale e di gruppo) quel sapore, quel valore aggiunto che farà la differenza in campo e permetterà di affrontare al meglio il mare agitato e la navigazione a vista. Forza Pescara!


Pietro Literio

Psicologo/Psicoterapeuta e docente universitario a contratto

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