Prima squadra

Erano “Poveri ma belli". Ma vincenti

Il Pescara di Galeone raccontato in un libro

09.12.2019 00:44

Prima di Zemanlandia, Pescara era tornata a sognare grazie ad una banda di ragazzini e qualche senatore perfettamente assemblati da colui che, successivamente, in città si meritò l'appellativo di "Profeta". O di "Messia". Parliamo di Giovanni Galeone e delle sue versioni vincenti del Delfino che nei mesi scorsi sono finiti in un libro, “Poveri ma belli – Il Pescara di Galeone dalla polvere al sogno”, di Lucio Biancatelli ed edito da “Ultra Sport”. 

Per i più giovani, con l'auspicio che possano avere una strenna biancazzurra tutta da gustare per far crescere la propria passione, ecco un un estratto dal Capitolo 1 – I condottieri, proposta nei mesi scorsi di concerto con autore e casa editrice da Gli Eroi del Calcio.

Buona lettura.

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Dal Capitolo 1 – I condottieri

“Il gruppo Galeone: «Avevo una banda di ragazzini che per la metà erano insicuri. Non erano convinti delle qualità che potevano avere. Erano ancora immaturi, ma avevano anche giocato poco, pochissimo. Era una squadra che non aveva un leader, anche per questo Gasperini divenne l’uomo simbolo di quel gruppo. Perché era l’unico che aveva carisma, temperamento… anche se a volte era veramente eccessivo. I due che no fare la differenza erano lui e Ciarlantini. Però Ciarlantini era più confusionario. Gasperini più concreto, però rompicoglioni, quindi ogni tanto poteva dar fastidio a qualcuno, tipo Loseto. Piero era un po’ geloso perché io avevo i miei pupilli e lui non era uno di loro, anche se lo stimavo moltissimo, tatticamente era un fenomeno. Però io avevo questo debole per Loseto: non era nessuno, lo feci diventare “il professore” [dice sorridendo], giocava centrale, da regista». L’altro pupillo, lo si capisce dallo sguardo e dal sorriso di Galeone quando ne pronunciamo il nome, era Rocco Pagano: «Rocco era uno che i difensori li mandava al manicomio. Poi ce n’erano altri che pensavano di non essere miei pupilli, ma in realtà li prendevo in grande considerazione. Uno di questi era Berlinghieri. Lui ce l’aveva con me perché spesso gli preferivo Gaudenzi. Primo era un po’ anarchico ma aveva delle qualità tecniche fantastiche. Si sentiva un po’ snobbato da me ma in realtà lo stimavo moltissimo. Ricordo la professionalità e la concretezza di Bergodi, il carattere schivo ma positivo di Benini. Bosco fece una gran campionato quell’anno. Pensavo avrebbe fatto di più come allenatore. Gaudenzi grande temperamento, voglia, abnegazione, sacrificio, di tutto di più. Con me si lamentava: “Mister lei ce l’ha sempre con me”. E io: “Gaucho se io non ti considerassi non ti direi niente! Tu dovrai preoccuparti quando io non ti dirò più niente, allora vorrà dire che non me ne fregherà più niente di te! Fino a quando ti riprendo perché hai dei piedi di legno puoi star tranquillo!”. E Gaucho alla fine mi adorava. Franco Marchegiani, ragazzo con cervello. È arrivato a stagione iniziata ma ha saputo prendere le occasioni che gli sono state date e si è inserito bene nel gruppo. In quel gruppo lì non ce n’era uno che non si fosse inserito. Cito un episodio per dire come era il gruppo, che tipo di giocatori erano: il martedì facevamo l’analisi della partita, io non parlavo mai molto nello spogliatoio (una volta si usava così, non c’erano video o cose del genere) salta su Berlinghieri e fa: “Mister, però noi giochiamo sempre a destra, diamo sempre la palla a Pagano, io a sinistra gioco poco…». Allora intervenne Piero, Gasperini: “Mister, posso? Scusa Primo, ma se noi ci accorgiamo che Pagano nove volte su dieci salta il terzino, certo che la giochiamo a destra, la prossima volta la daremo a te e vinci tu la partita!”. Oh, l’ha zittito. Questo per dirti come già da giocatore ragionasse da allenatore, per il bene della squadra e non per il singolo. Primo aveva altri tipi di qualità ma per il gioco che facevamo noi la velocità di Pagano era fondamentale.”

 

Foto: Gli Eroi del Calcio.com

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