Prima squadra

Un bellissimo aneddoto dai ricordi biancazzurri di Antonio Oliveri

L'ex vicepresidente del Pescara ha parlato a “Solo Calcio” di Rete8

22.05.2020 00:56

A CURA DI RICCARDO CAMPLONE - Antonio Olivieri, vicepresidente del Pescara accanto a Pietro Scibilia, durante il programma di Rete8, Solo Calcio, ha ricordato con Andrea Iaconi un aneddoto sulla cessione di “Re Federico” Giampaolo, secondo marcatore più prolifico della storia del Delfino con 65 reti, al Genoa: “Il calcio che giocava il Pescara di Delio Rossi era quello che mi piaceva di più, ora si vede ben poco perché sono cambiati i tempi. Per quanto riguarda le cessioni fu l’anno più importante per la realizzazione delle vendite e degli incassi, quello più alto fu la cessione di Federico Giampaolo al Genoa per di 5 miliardi di lire. Prima di questo episodio la Juve voleva riscattare Giampaolo, incontrammo Luciano Moggi a Roma per trattare la cessione ai bianconeri, anche se loro volevano riprenderlo per poi cederlo ad altri. Quell’anno rifiutammo l’offerta di 3 miliardi, partimmo per andare in Svizzera per vedere un giocatore e per tutto il viaggio Andrea Iaconi continuò a dire che favevamo finito di fare calcio perché dicemmo di no a Moggi. Passarono 10-15 giorni ed io ero all’estero e mi telefonò Iaconi dicendomi che il Genoa era interessato al calciatore. Atterai all’aeroporto di Genova e chiudemmo l’affare con Spinelli per 5 miliardi di lire. Dopo aver chiuso l’affare Iaconi si alzò in piedi dicendo che non avremmo ceduto il giocatore per quella cifra perché voleva fare il record delle cessioni nella storia del Pescara, perché Pierpaolo Marino per quella somma vendette Allegri al Cagliari e chiese a Spinelli 10 milioni di lire in più. Ricordo che in quegli anni ci furono molti presidenti bravi e capaci che volevano del bene al calcio senza nessun tipo di interesse, oggi li rimpiangiamo perché pochi ce ne sono all’altezza di quell’epoca. Il calcio non è cambiato per niente ed è ancora malato. Dev’essere intesa come azienda e deve produrre e le società che gestiscono quelle di calcio devono entrare nella mentalità che quella è un’azienda a tutti gli effetti. Invece di produrre un prodotto che viene messo sul mercato sono i giocatori ed il vivaio, tutto quello che orbita attorno. Molte volte si interpreta il mondo del calcio come un’azienda assestante che non ha gli stessi parametri e criteri che normalmente si gestisce e questo è l’errore più grande, perché le regole ci possono stare ma se tu non le inquadri in quelle che sono i sistemi del mondo calcio le regole non servono a niente.”

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