Prima squadra

Sansogol: "Dovevo andare a Giulianova, scelsi Pescara. Vi racconto tutto"

Da Il Messaggero ed. Abruzzo

15.06.2020 00:55

Una bella intervesta, in versione più ampia rispetto a quella publicata, a Marco Sansovini da parte de Il Messaggero ed. Abruzzo che vi riproponiamo con piacere. Buona lettura!

Auguri “Sindaco”. Mercoledì prossimo, Marco Sansovini spegnerà le sue prime 40 candeline. Il giocatore simbolo di una generazione di tifosi, protagonista assoluto a cavallo di due epoche, pre e post fallimento, arrivato nel 2007 da carneade in cerca di una svolta, calcistica e di vita, e diventato il terzo bomber di tutti i tempi della storia del Pescara con 54 reti. La città è diventata la sua casa e adesso qui inizierà il suo nuovo percorso: da allenatore o da dirigente. Arriva a 40 anni da calciatore in attività, un bel traguardo.

“Non pensavo di riuscirci, ma lo speravo. Ce l’ho fatta, da giocatore integro, anche se la condizione generale è diversa da quella di dieci anni fa. E mi sono divertito tanto con il Notaresco. Mi sono trovato bene con l’ambiente, la società e i ragazzi. Alla mia età, queste sono le cose che contano. Purtroppo l’anno è stato troncato a metà. Ed è rimasto l’amaro in bocca, a livello personale e di squadra, per non aver potuto lottare fino alla fine per la promozione in Lega Pro”. A quest’età si fanno i primi bilanci di vita. “Il mio è molto positivo. Avevo iniziato con tre infortuni molto gravi: a 20 anni ho subito due rotture del crociato e una del menisco. Le premesse non erano per niente buone, invece sono riuscito a fare il professionista per vent’anni, a buoni livelli e togliendomi tante soddisfazioni, vedendo belle città, conoscendo tanta gente e realizzando il sogno che avevo da bambino: fare il calciatore”.

Dopo le giovanili, gli infortuni e qualche stagione altalenante, l’arrivo – casuale – a Pescara a 27 anni, dove trova l’Eldorado. “L’apice e la svolta della mia carriera. Venivo da qualche annata buona, ma niente di che. Quel primo anno a Pescara con Lerda in panchina mi ha dato la spinta definitiva. Ero fuori rosa a Grosseto e mi ero messo d’accordo per andare in C2 a Giulianova, era tutto fatto. Il giorno prima di firmare, il mio procuratore mi propone di venire a Pescara per fare la C1. Sapevo che non c’era una società solida, anzi. Ma non ho pensato ai soldi, ma solo alla maglia importante che avrei potuto indossare, e alla categoria: ho investito su me stesso. Volevo dare una svolta alla mia carriera, le sensazioni di pancia erano positive. E di quelle mi fido”.

Il primo gol non si scorda mai. “Sono arrivato a fine mercato e il campionato era già iniziato. Dopo un punto nelle prime tre partite, all’Adriatico contro la Samb sono finalmente in panchina. Nel finale, entro e segno, sotto la nord, all’ultimo minuto. E lì che inizia tutto (alla fine segnerà 16 gol, ndc). E di quella squadra ho un gran bel ricordo: dovevamo solo salvarci, invece diventammo forti e compatti. Per un punto di penalizzazione non entrammo nei play-off. Sono ancora convinto che, se fossimo andati agli spareggi, avremmo potuto vincere il campionato… Per fortuna ci sono riuscito nel 2010 con Di Francesco”.

La promozione in A del 2012, da capitano, è la vetta della sua storia. “Con Zeman ho toccato il punto più alto della mia carriera. Voleva che giocassi esterno nel tridente e non lo facevo bene. Per niente, o almeno non come diceva lui. Mi rendevo conto, tanto che in un’amichevole estiva a Città Sant’Angelo toccai un pallone in 90’. Pensai che forse non avrei potuto farlo e stavo pensando di andare via. Ma il boemo aveva sempre valorizzato tutti i suoi attaccanti, perché non avrebbe dovuto farlo con me? E restai. Una seconda scommessa su me stesso. Mi dissi: “Stai qui fino a gennaio, resetta, ascolta ed esegui. Ed è andata bene (16 gol con il boemo, ndc)”.

Un rimpianto c’è: la serie A mai disputata. “Sì, è il grande rammarico. Avrei potuto forzare la mano e restare dopo la promozione, ma con Abbruscato, Celik, Vukusic e Jonathas rischiavo di restare fuori a guardare, tra panchina e tribuna. Solo dopo si è capito invece che avrei potuto avere molte chance di giocare in quella stagione… Ma mi reputo fortunato: alla fine ho sempre giocato per il vertice, tra play-off fatti o sfiorati e promozioni. Ho vissuto solo momenti positivi, senza mai retrocedere”.

Il ritorno nel 2015 e la A persa al Dall'Ara. “Che fatica rivedere le immagini… ancora oggi mi arrabbio. Eravamo superiori al Bologna, erano stanchi e ci temevano. Eppure, loro sono andati in A, perdendo anche una partita, e noi no, pur non avendo mai perso nei play-off”. Il gol che gli è rimasto scolpito nel cuore. “A Gubbio, con Zeman (28 aprile 2012, ndc). Era una giornata difficile. Avevamo ripreso la marcia ma serviva continuità per stare al passo di Torino e Verona. Prendemmo preso sei, sette pali, la palla non entrava. Sbloccarla, a dieci minuti dalla fine, è stato fondamentale. Ho calciato con tutta la rabbia che avevo”.

Tante emozioni, tanti amici. “Certo. Dovrei citarne decine di persone, ma mi fermo a Gessa, Bocchetti, Cascione, Zanon, Soddimo, Pomante e Vitale. E poi Olivi e Petterini, tra i più simpatici con cui ho mai diviso lo spogliatoio”.

A Pescara è diventato un idolo. Per tutti è il Sindaco. “Non me lo sarei mai aspettato. Sono un tipo tranquillo e a volte anche schivo, non vado a cercare amicizie per forza. Questo dà ancora più valore al legame che si è creato, perché significa che è affetto vero, ed è contraccambiato. Mi sono trasferito qui con la famiglia, perché tutti noi ci siamo legati alla città: è la nostra casa”.

Un giorno rivestirà, con un ruolo diverso, i colori biancazzurri? “Lo spero, è il mio obiettivo. Mi piacerebbe molto tornare a lavorare con il Delfino sul petto. Ho rapporti ottimi con il presidente e con tutti i dirigenti. Se la società vorrà, io ci sarò”. Arrivato a 40 anni, cosa pensa di fare "da grande"? “L’emergenza ha rimescolato tutto, ha posticipato delle scelte e anticipato delle altre. Oggi tutto è in divenire per tutti. Ci devo pensare, ma giocare è l'ultima scelta adesso. Fare l’allenatore? E’ una possibilità...”.

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