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SBAGLIANDO SI IMPARA?

La Cultura della Sconfitta e il diritto di sbagliare

01.08.2018 00:30

Nuova stagione calcistica iniziata e nuovo appuntamento con "Calciologicamente", la rubrica di PS24 realizzata dal dott. Pietro Literio, Psicologo-Psicoterapeuta e Docente Universitario a Contratto di Psicologia del Lavoro-EPG a Chieti-Pescara

Buona lettura!

“Si sta formando un bel gruppo” (Marras e Gessa), “puntiamo ai play off” (Monachello), “sta nascendo un gruppo fantastico” (Palazzi). Sarà la volta buona? Facciamo le corna ma anche qualche riflessione utile su come ripartire con il piede giusto.

Al netto delle questioni societarie in corso, le aspettative ora dell’ambiente sono ridimensionate, dopo “essersi bruciati con il fuoco” (le ultime 2 stagioni negative), con gran parte della squadra rinnovata tra partenze, arrivi e ritorni illustri (Memushaj).

Inoltre, Pillon “il salvatore, il normalizzatore” è ben accetto e ha la fiducia dell’ambiente. Ha già fatto capire che punta al gruppo: “non voglio prime donne ma un gruppo unito.” A ragione, perché “il gruppo è più della somma delle sue singole parti.” La sua leadership direttiva poi è fondamentale in questa fase di costruzione della squadra.

 

Insomma, le condizioni di partenza sembrano favorevoli, ma manca forse l’ingrediente più importante per vincere: la cosiddetta “cultura della sconfitta.”

Per dirla alla Bearzot: “il bello della sconfitta sta soprattutto nel saperla accettare. Non sempre è la conseguenza di un demerito. A volte sono stati più bravi gli altri. Più sei disposto a riconoscerlo, quando è vero, quando non stai cercando di costruirti degli alibi, più aumentano le possibilità di superarla. Anche di ribaltarla. La sconfitta va vissuta come pedana di lancio: è così nella vita di tutti i giorni, così deve essere nello sport. Sbaglia chi lo interpreta come uno stop nella corsa verso il traguardo: bisogna sforzarsi di trasformarla in un riaccumulo di energie, prima psichiche, nervose e poi fisiche.”

Beppe Bergomi rincara la dose: “i nemici del calcio sono tanti: il male peggiore, il più pericoloso, è la mancanza di una cultura della sconfitta. Si passa con estrema facilità dall’esaltazione alla critica spietata: i toni sono troppo esasperati.”

Ma è Deschamp, fresco campione del Mondo, a certificarla: “la sconfitta agli Europei è stata qualcosa di molto doloroso, ma ci è servita per diventare campioni del mondo.”

In altre parole, è importante accettare e assumersi la responsabilità di sbagliare, avere il diritto di sbagliare, a patto che si impari presto dai propri errori, analizzandoli bene per migliorarsi.

L’atleta e l’ambiente vanno aiutati a costruire tale cultura e capacità di saper riflettere sugli errori dall’alto, con razionalità e lucidità (capacità metacognitiva).

In tal modo si costruisce la vittoria finale, sviluppando la “resilienza” alle sconfitte, anzi trasformandole in nostre alleate, da cui imparare e migliorarci. Allo stesso modo del sistema immunitario, che reagisce meglio dopo la prima aggressione da parte di batteri e virus.

 

In psicologia dello sport, esiste la cosiddetta “Procedura d’analisi della Sconfitta”, che permette ad atleti e allenatori di analizzare gli errori compiuti (come l’analisi “swot” della sconfitta, un quadrante in cui inserire i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce).

Un esempio utile è quello del manager austriaco Hans che, subito dopo la protesta dei clienti per un aumento sbagliato delle tariffe elettriche, nel corso della riunione con i suoi collaboratori scrisse sulla lavagna “che cosa ha funzionato?” Avviò così la discussione prima sui punti di forza relativi all’errore, e tra questi emerse subito la velocità con cui era stata inviata la lettera correttiva ai clienti.

Morale della favola? Se i soldi non fanno sempre la felicità (anche nel calcio), accettare e imparare dai propri errori sembra proprio di sì, a patto che ci si conceda il permesso di farli: perché sbagliando si impara!

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