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Repetto: “Nel medio-lungo termine una società come la nostra dovrà ridimensionare le spese. Ma.."

Da Il Messaggero ed. Abruzzo

20.04.2020 00:57

E' tornato a parlare Giorgio Repetto, d.g. del Pescara. Lo ha fatto sulle colonne del Messaggero, ecco l'articolo integralmente uscito nell'edizione cartacea abruzzese del quotidiano:

Ripartire? Sì, con l’ok delle istituzioni e applicando il protocollo sanitario della Figc. E riscrivere il calcio del futuro ridimensionando l’aspetto economico per far rifiorire quello sportivo. Giorgio Repetto, una vita passata con il pallone tra i piedi e respirando ogni giorno l’aria del campo, non vede l’ora che passino il lockdown e la paura di questo maledetto virus. “Leggo un po’ di libri e guardo un po’ di calcio su Wyscout, ed esco solo per fare un po’ di spesa”, ci racconta il ds del Pescara, che guarda con fiducia al ritorno all’attività agonistica, fissata al prossimo 4 maggio. “Se c’è una possibilità, si deve ripartire – conferma Repetto – . Con l’ok del governo e delle istituzioni alla ripresa di tutte le attività economiche, dovrà esserci anche quella per il calcio, che è una delle prime aziende in Italia”. Anche il protocollo sanitario della Figc sembra una soluzione possibile per ripartire garantendo la sicurezza di tutti gli attori del mondo calcio. “Ci si può attrezzare, anche se è un po’ complicato. Credo che le società di serie B possano affittare un campo, gestendolo solo per sé. E nel frattempo si può anche trovare anche un hotel in cui fare il proprio quartier generale. Le difficoltà sono altre. Una è la sede delle partite. Dove giocare? Ci sono zone a forte rischio e zone meno rischiose. Esempio: sarà possibile andare a giocare a Cremona? Più sensato pensare ad una sede neutra in cui giocare evitando così località italiane non ancora sicure”. Anche l’idea di giocare in estate non sembra un problema agli occhi del 67enne dirigente biancazzurro: “Si finirà il torneo attuale e poi si inizierà quasi automaticamente quello successivo, magari fermandosi solo per qualche settimana. Se invece si scegliesse di cristallizzare le classifiche, si andrebbe incontro ai soliti ricorsi che allungherebbero la stagione attuale e comprometterebbero anche la prossima. Giocare per dodici o quattordici mesi consecutivi, per una volta nella storia, non mi sembra un problema”. Il Pescara si ripresenterebbe alla serie B con una rosa di nuovo completa e competitiva. “Gli infortunati hanno avuto un mese e mezzo per guarire, ma è chiaro che dovrebbero tornare a giocare per capire le risposte in partita. Anche chi è guarito, non ha mettersi alla prova. Ci serviranno le risposte del campo. Di sicuro staremmo meglio di quando ci siamo fermati. Avevamo tanti influenzati e non abbiamo avuto nessuna corsia preferenziale per i tamponi: i nostri medici hanno fatto richiesta e, nonostante tanti ragazzi con sintomi forti, non ci sono stati concessi. Abbiamo rischiato tanto”. Quale futuro per il Pescara dopo questa crisi? “Nel medio e lungo termine una società come la nostra, avendo in questo periodo perso molto in termini economici, dovrà ridimensionare le spese. Un problema che riguarda tutti, ma in particolare una realtà come la nostra. Una perdita di 4-5 milioni di entrate non sarebbe facile da recuperare. Ci vorranno almeno tre, quattro anni”. Il calcio in generale come cambierà? “Spero che i presidenti e le società prendano atto che in qualsiasi momento può succedere qualcosa di non preventivabile. Tante cose andranno ridimensionate. La figura del procuratore dovrà essere rivista: nati per tutelare gli interessi dei calciatori, oggi sono pagati dalle società. Sarà importante per i club imporsi un ritorno al passato: gli agenti vengano pagati dai calciatori, come dovrebbe essere di prassi. Spero in un ritorno alla normalità, ma dipenderà dalle società”. Si recupereranno vecchi valori oscurati negli ultimi anni dal business? “Il calcio dà da vivere a tantissime persone, non solo ai calciatori. Migliaia di persone lavorano nel sistema: magazzinieri, fisioterapisti, segretari, comunicatori, aziende di abbigliamento sportivo. Oggi è un’industria e va trattata come tale. Ma domani si dovrà tornare a parlare anche di calcio come sport”. Ai club quindi serviranno osservatori esperti come quelli di Repetto. “Le società saranno costrette a correre dei rischi. O economici o tecnici. Noi, ad esempio, siamo nella condizione di correre dei rischi tecnici, ovvero: pescare nelle categorie inferiori, andare a cercare ragazzi che hanno qualità e fame, e guadagnano poco. Oppure, avere giocatori di categoria con cui riformulare gli ingaggi diversi da quelli del recente passato”.

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