Editoriale

Tutti colpevoli

26.10.2014 11:29

Sviste arbitrali ed altre attenuanti non bastano a mascherare le lacune di una squadra inguardabile, imbarazzante e troppo spesso in balìa degli eventi. Sia chiaro: è presto per fare processi ed emettere le sentenze in terzo grado, c’è tempo e modo di recuperare, ma non bisogna più tergiversare nel risolvere i problemi che ci sono. E che non sono pochi. “Le responsabilità sono di tutti, vanno divise” ha detto il presidente Sebastiani. E per una volta siamo d’accordo. La società, colei che prende le decisioni, però ha le sue colpe. Chiare ed innegabili. Da tre anni va tutto storto, non può essere solo sfortuna. Si è pagato dazio all’inesperienza in Serie A, ma dagli errori del passato non sembra si sia fatto tesoro. Puntualmente, si sono ripetute dinamiche ormai note. La gestione dei rapporti all’interno del club (vedi spifferi continui che diventano potenziali tempeste) e all’esterno (vedi le critiche anche feroci di parte del pubblico) sono la chiara testimonianza che molto c’è ancora da migliorare. E’ vero che può sbagliare solo chi fa le scelte e prende le decisioni, ma oramai gli errori sono copiosi. Sul piano sportivo non si riesce più a trovare il bandolo della matassa, su quello “industriale” sembrano esserci idee chiare e potenzialmente importanti (i conti a posto, il centro sportivo, lo stadio) anche se non esternate con la chiarezza che in molti vogliono (vedi situazione cessione della maggioranza delle quote). Il merito di questa gestione è quello di avere mantenuto in un’epoca decisamente difficile per l’economia italiana il calcio a Pescara quando in altre piazze, anche importanti, il pallone si è sgonfiato. Non è poco. Ma non può essere tutto qui. A cascata – come un effetto domino – dalle scelte dei vertici derivano anche le responsabilità delle altre componenti, a partire dal tecnico. Scelto in tempi lunghi e non con unanime volontà tra i direttori e la proprietà. A Baroni è stato consegnato un cantiere che via via andava completandosi non senza difficoltà, con cambio di strategia finale (gli ultimi colpi di mercato hanno in parte sconfessato le scelte iniziali della campagna) che sembrava aver messo tutti d’accordo. Dopo due mesi di campionato, però, l’evidenza è che la squadra, forte sulla carta, ha abbondanza in alcuni ruoli ed è scoperta in altri. Baroni non è stato ancora in grado di fornire alla stessa una precisa identità, idee di gioco e personalità. E qui entrano in ballo le sue responsabilità. Alcune scelte tattiche sono sicuramente opinabili, la gestione del gruppo palesa alcune crepe che possono diventare crateri. “Non ho la sensazione che la squadra non mi segua, se l’avessi mi sarei tirato indietro”, ha detto nel post Carpi. Ne siamo proprio sicuri? Paradossalmente, però, se la squadra lo segue e risultati e prestazioni sono queste la situazione è ancor più grave. A Bari, dove si chiuse l’avventura di Marino, è chiamato a salvare la panchina. I “corsi e ricorsi storici” di vichiana memoria sembrano il prologo nefasto al match, al di là delle rassicurazioni di rito. Dovrà fare scelte forti dimostrando di avere in pugno la squadra ed in mano lo spogliatoio. Già, la squadra. Non c’è un leader, non c’è uno zoccolo duro di giocatori in grado di trascinare i più giovani e i meno forti caratterialmente. Da tre anni manca nel gruppo biancazzurro quello che potremmo definire il “PE-factor”. Che è un concetto lato ad indicare un mix di aspetti che vanno dall’attaccamento alla maglia a prerogative interiori in grado di cementare lo spogliatoio e di fare da scudo nelle difficoltà. Si ha la sensazione di avere tanti giocatori, anche buoni, che però si limitano a “timbrare il cartellino” senza mettere nulla più che il minimo indispensabile, talvolta anche meno. E torniamo alla composizione della rosa in una sorta di analisi circolare nella quale si può partire in qualsiasi punto per arrivare al precedente. Cambia il percorso, non il contenuto. I risultati sono la cosa più importante del calcio. Da adesso in poi magari il Pescara centrerà un filotto di partite vincenti (è questo l’augurio) e tutto verrà letto sotto un’ottica diversa. Tornerà l’esaltazione collettiva, ma sarà importante non dimenticarsi il punto di partenza. Perché “se è accaduto una volta, può riaccadere” (P. Levi).

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