Prima squadra

Vittorio Feltri racconta l'Allegri pescarese (e il suo rapporto con Galeone)

Il noto giornalista ed i suoi ritratti per Tuttosport

14.01.2019 00:40

Gli anni pescaresi di Massimiliano Allegri e il rapporto speciale del tecnico della Juventus con il "Profeta" Gianni Galeone sono stati i cardini di un pezzo esclusivo del noto giornalista Vittorio Feltri per Tuttisport.

Nella sua rubrica per il quotidiano torinese, la celebre penna ha dedicato un "Ritratto" ai più inedito dell'ex mezz'ala biancazzurra, diventata poi allenatore.

Ecco qualche stralcio del pezzo:

"La svolta avviene nel 1991, allorchè viene notato da Pierpaolo Marino, dirigente del Pescara (uscito quattro anni prima dal Napoli, quello di Diego Maradona, di Italo Allodi e dello scudetto dell'87), club che navigava in Serie B. Il presidente era Pietro Scibilia, imprenditore di origini calabresi che da Gioia Tauro si rifugiò in Abruzzo e creò prima l'Olearia Scibilia e poi Gis Gelati: da piccola azienda locale, Scibilia la portò ad essere tra le prime tre in Italia. Il calabrese si impegnò per tutta la vita nella promozione dello sport: nel 1978 fondò la squadra maschile di ciclsimo su strada Gis-Ecoflam, con la cui maglia corsero dei grandissimi come Roger De Vlaeminck, Franco Bitossi, Marino Basso, Giuseppe Saronni e Francesco Moser. Ma al logo Gis Gelati Scibilia legò anche il basket e la pallanuoto, fu sponsor del Roseto Basket e della Libertas Pescara; e del calcio, appunto, con il Pescara.

Marino racconta che nel 1991 la sua società era oppressa dai debiti e per risanare il bilancio fu costretto a prendere tanti giovani della serie C: una stagione pensata per essere di passaggio, di risanamento, e invece non andò così. Il trainer era Giovanni Galeone, un napoletano di nascita e friulano di adozione, già chiamato "il Profeta", dopo il primo ciclo degli abruzzesi tra il 1986 e il 1989: aveva allenato in Serie D, C2 e C1, ed era appena giunto dal Como. Al Pavia Galeone aveva visto un'ala velocissima, Frederic Massara. Calzava alla perfezione con l'idea di gioco del tecnico (basata sul 4-3-3) e lo voleva assolutamente. Massara era stato promesso già dal Pavia al Venezia ciononostante gli Achilli, proprietari del Pavia, che dovevano colmare il deficit della società, decisero che se Marino avesse comprato pure un altro giocatore per quattrocento milioni di lire avrebbero dato picche al Venezia e gli avrebbero ceduto Massara. Marino, allora, legge la rosa del Pavia e nota il nome di Massimiliano Allegri: l'aveva visto due anni prima nella Pro Livorno (dove lo chiamavano "acciughina" per il fisico magro e dinoccolato che ha tutt'ora), perchè il suo maestro, Allodi, voleva che lo visionasse. Lo riteneva un talento, ma con un carattere un po' scanzonato. «Me lo ricordai somigliante ad Antognoni», disse anni dopo Marino. Giancarlo Antognoni era un meraviglioso centrocampista, campione del mondo '82, e vederci in Allegri un suo erede era come indossare gli occhiali da eclissi per giardare il sole: comunque, per Allegri fu una gran fortuna.

«Inizialmente fui elogiato per l'acquisto di Massara - racconta ancora Marino - ma, dopo un paio d'anni, il vero affare si rivelò Allegri. Galeone quando gli comunicai la notizia esclamò, ironico: "Ma come, ti avevo chiesto di prendermi un giocatore e me ne porti due?"». Dopo soli due giorni di ritiro precampionato, il tecnico napoletano è già innamorato: «Allegri è la più forte mezz'ala che ho allenato nella mia carriera». E l'anno che doveva essere di transizione diventa una galoppata verso la serie A.

Tra i due, Allegri e Galeone, nasce un meraviglioso rapporto allievo-maestro (anche se Galeone avverte: «Non dite che Massimiliano è il mio allievo, questa storia è stancante e credo non faccia piacere neanche a lui, è linitante...») ma, soprattutto, Allegri debutta in A e segna, da centrocampista, dodici gol, imponendosi, nel 1992-93, quale giocatore rivelazione del campionato. L'anno successivo, viene comprato da Massimo Cellino, nuovo presidente del Cagliari, per sette miliardi di lire.

Giovanni Galeone è tutt'ora grande amico dell'allenatore della Juventus, il quale dice «ho avuto la grande fortuna di avere un maestro come lui, che magari non ha ottenuto grandi risultati ma che mi ha insegnato il piacere del calcio». E lo stesso vale per il napoletano: «La squadra era fatta, però la dirigenza ingaggiò questo ragazzo che sinceramente non conoscevo. Dopo tre giorni mi era tutto chiaro, era un gran calciatore sul prato verde e un ragazzo serio e rispettoso, arrivò in punta di piedi e dopo poco era già il leader dello spogliatoio». E se gli chiedono perchè non è ricordato come un campione, Galeone risponde: «Da calciatore ha fatto meno di quanto meritasse. Gli altri non lo capivano. Non giocava molto neanche al Pavia in C1, non lo facevano giocare Tabarez e Trapattoni al Cagliari, giocava poco al Padova in B. Giocava solo con me». E perchè? «Era avanti, era una mezz'ala che si inseriva, ma giocava in un periodo di oscurantismo, il più bravo era sempre chi menava di più. Invece lui era un giocatore di qualità». Uno con delle idee, insomma, in quella zona del campo che nessuno nota mai e dove tuttavia succede tutto.

I due sono insieme a Pescara, poi si ritrovano al Perugia e al Napoli: per otto anni Allegri è un atleta di Galeone. «Era bravo a leggere la partita sapeva valutare dove riuscire a colpire l'avversario, e individuarne i punti deboli. Ma anche a capire quando e dove soffrova la sua squadra: se vedeva il terzino in difficoltà con l'ala era capace di sistemarsi in modo da limitare il gioco avversario senza bisogno che arrivasse una segnalazione dalla panchina. Aveva delle capacità innate in questo senso». Con la palla tra i piedi, era già un allenatore"

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