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Francesco Moser: "I miei ricordi pescaresi al Trofeo Matteotti"

Dal sito ufficiale della gara

23.03.2018 00:06

L'idea del nuovo management del Trofeo Matteotti è quella di riportare a Pescara grandissimi campioni, come nelle epoche passate. Ed in tal senso, il cambio di data è un punto a favore. La storia del Trofeo Matteotti parla di eccezionali fuoriclassi che hanno gareggiato sulle strade pescaresi. E talvolta anche vinto, come Francesco Moser, che trionfò nella classica abruzzese per ben tre edizioni di cui due consecutive: 1975, 1976, 1978. Un campione che di vittorie se ne intende.

Il sito ufficiale del Trofeo Matteotti propone una bella intervista ad una delle leggende del ciclismo italiano (e non solo). Ecco gli spunti più interessanti

Cosa ricorda delle sue gare al Matteotti e quali furono i suoi avversari più pericolosi?

La mia prima storia è stata la vittoria al campionato italiano, il mio primo campionato nel 1975. È una corsa difficile, perché la finivano sempre in pochi. Era pesante fare quei 230/240 km, adesso ne fanno meno, ma allora era così. Eravamo tutto il giorno a girare (ride). Adesso non ricordo quante ore ma erano tante.La prima volta che ho vinto c’erano ancora Gimondi, Bitossi, Zilioli. Mentre della nuova generazione c’era Battaglin, Baronchelli, e quel giorno li ero arrivato con Lualdi che era un gregario di De Vlaeminck.

Ci racconti dei suoi gregari abruzzesi.

Nel 1975 quando ero con la Filotex c’era Giuliani, non Stefano, ma Donato Giuliani che poi smise di correre. Poi negli anni 80 sono arrivati Masciarelli, Giuliani Stefano, Di Federico, Onesti. E ci tenevano tanto a questa corsa, perché per loro era come il campionato del mondo, c’erano tutti i loro tifosi, amici, parenti.

Ricordo che quando da piccoli si inforcava una bici tutti volevano essere Moser oppure Saronni, ma era un dualismo che faceva bene al ciclismo?

In quegli anni lì c’è stata molta attenzione sulla questione. Perché la stampa ed i mezzi d’informazione davano un grande peso alla questione e di conseguenza era seguito da tutti quello che facevamo noi. C’erano due gruppi di tifosi l’uno contro l’altro che facevano grandi discussioni, come con il calcio. Era un tifo come quello del calcio.

C’è qualche episodio particolare che ci può raccontare delle sue corse in Abruzzo?

Si ricordo sia delle tappe del giro d’Italia che della Tirreno-Adriatico, e c’era sempre quella rivalità tremenda con Saronni, perché lui era sempre più pronto ad inizio stagione.

Come vede il ciclismo moderno e ritiene che ci sia la stessa passione dei suoi tempi?

È cambiato un po’ tutto perché, si consideri che non abbiamo più squadre noi. Di quelle che contano non ne abbiamo neanche una. Prima gli stranieri venivano a correre in Italia. Mentre ora gli italiani che contano, corrono tutti all’estero e questo la dice lunga su come sia cambiato complessivamente il ciclismo. Purtroppo c’è stata questa riforma, diciamo che è stata fatta, troppo in fretta e con valori fuori dalla nostra portata. Perché fare squadre che costano 20/30 milioni di euro è un valore esagerato. E questo ha condizionato un po’ tutto. Almeno il 30% delle gare in Italia non viene più organizzato. Il giro di Puglia, della Calabria, della Sicilia e della Sardegna, sono spariti dal calendario.

Il presidente Sebastiani sta cercando di dare nuova linfa alla classica abruzzese, pensa che possa essere un buon test pre mondiale per i ciclisti?

La data del 23 settembre potrebbe essere bella, perché se vengono i corridori della nazionale e magari anche i corridori stranieri che hanno bisogno di correre in vista dei mondiali, potrebbe essere una data azzeccata. Per fare una gara importante c’è bisogno di presenze importanti.

Lei risulta essere il ciclista italiano con il maggior numero di successi all’attivo, cosa pensa di questo fatto? Significa che è più difficile oggi per un ciclista avere continuità nei rendimenti?

Beh quello si perché diciamo che anche la concorrenza è più agguerrita. Poi non è che una volta me le regalassero le corse, bisognava guadagnarsele anche allora. Son cambiati i tempi, è difficile che un corridore possa vincere su tutti i terreni. L’impostazione delle squadre è diversa. Prima si puntava su un capitano e basta. Oggi ci sono due, tre capitani che corrono in posti diversi e ti  cambia il mondo.

Se potesse ritornare indietro quale gara vorrebbe interpretare in maniera differente?

Indietro non torna nessuno, però penso che andrei a fare qualche volta in più il TOUR.

Continua ad andare in bici tutti i giorni?

No, d’inverno non si va, qui è freddo e c’è neve.

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