Prima squadra

Bruno: «Questa maglia è un sogno, prima di smettere rivoglio la serie A»

«Calcio e famiglia, Pescara è la mia vita »

11.03.2019 10:46

Alessandro bruno è tornato a Pescara, ormai sua città di aozione per questione di famiglia, a gennaio ed in biancazzurro vuole concludere la sua carriera. Non senza aver aiutato prima il Delfino a centrare i suoi obiettivi. L'aspirazione? Giocare ancora in Serie A con questa maglia.

Nei giorni scorsi il centrocampista è stato ospite della diretta Facebook de Il Centro nella quale si è "confessato".  Ecco quanto poi evidenziato dal quotidiano abruzzese in una lunga ed intensa intervista:

Lei ha vinto la B con Oddo. Più forte il Pescara attuale o quello del 2015-16?
«Non saprei, sono due grandi squadre. Prima, oltre a Lapadula, c’erano i giovani Torreira, Mandragora e Caprari che sono esplosi. Oggi ci sono tanti altri ragazzi che tra qualche anno vedremo in A, ne sono convinto».
Però Pillon si è affidato ai senatori. 
«I giovani sanno di cosa c’è bisogno in questa fase e hanno una spensieratezza che potrebbe essere decisiva. L’esperienza ora è utile per gestire alcune situazioni, ma per centrare l’obiettivo servirà l’aiuto di tutti».
Crede alla promozione diretta?
«Certo, dobbiamo alzare l’asticella e andare in campo sempre concentrati. Non possiamo accontentarci dei play off. Siamo lì e vogliamo provarci. E poi, a quasi 36 anni, tornare in A sarebbe un sogno, mi basterebbe fare una “passeggiata”, anche se in A abbiamo fatto fatica. L’avversario più forte? Senza dubbio Salah (ex Roma, ora al Liverpool, ndr). Ha un’accelerazione pazzesca, due marce in più rispetto ai giocatori normali».
A gennaio 2015 l’arrivo a Pescara. Subito un infortunio, l’anno dopo la promozione, poi il ritorno in B, il passaggio al Livorno e le nozze con Michela. Diciamo che non si è annoiato.
«Beh, ci sono stati grandi cambiamenti. A Pescara sto divinamente e da quando ero ragazzo avevo il desiderio di indossare la maglia biancazzurra. La scintilla è scoccata nel 2002-03, io in campo con il Benevento contro il Delfino. Abbiamo perso 3-1 e ho ancora davanti agli occhi l’immagine dei tanti tifosi pescaresi in festa. Ho pensato che sarebbe stato bello giocare con il Pescara. E il desiderio si è avverato. Poi il caso ha voluto che sposassi la figlia di Sebastiani».
Ci racconta il primo incontro con Michela?
«In centro, a via Nicola Fabrizi, era con il padre che me l’ha presentata. È stato lui l’artefice, poi l’ho incontrata di nuovo in giro ed è nata la relazione. All’inizio era una situazione scomoda, ma con il tempo è stato tutto più semplice. Ho capito di aver incontrato la donna giusta e, a quel punto, da uomo del sud, sono andato dal presidente e gli ho chiesto il permesso di sposarla».
Pescara come punto di arrivo di un lungo viaggio.
«La mia carriera è iniziata a Benevento. A 14 anni sono andato al Parma, ma ho resistito per sole due stagioni. Soffrivo la mancanza della famiglia e degli amici, così mio padre mi ha riportato a Benevento. Da lì è iniziato il mio girovagare».
Qualche rimpianto?
«Sì, potevo arrivare prima in serie B, il problema è che ho iniziato a fare una vita da calciatore a 26 anni. Ricordo che quando giocavo nella Pro Vasto trascorrevo quasi ogni sera nei locali di Pescara, li conoscevo tutti e sapevo cosa c’era da fare dal lunedì al venerdì».
Poi la “redenzione” grazie a Gaetano Auteri a Catanzaro.
«Era l’estate del 2009, ma io ero fuori dal progetto. Ricordo le sue parole durante le operazioni di peso, Auteri (ora di nuovo al Catanzaro, ndr): «Che ci fai qui? Sei il pallone? Dovresti cambiare mestiere». Ero in sovrappeso di sette chili e non sapevo cosa rispondere. Gli ho chiesto solo di poter svolgere il ritiro con i compagni in attesa di una nuova sistemazione. Con il passare dei giorni è scattato qualcosa nella mia testa, ho iniziato ad allenarmi con grande impegno e alla fine Auteri ha bloccato la mia partenza. Per me è un secondo padre, lo ringrazierò per sempre».
Su Pillon che ci dice? 
«Persona umile e tecnico capace. Sta facendo un gran lavoro, è positivo avere un allenatore così e ce lo teniamo stretto».
Senza calcio cosa avrebbe fatto?
«Avrei continuato gli studi e poi non so. Ho il diploma di perito elettrotecnico, ma giocavo e non ho proseguito. Tempo fa mi sono iscritto al corso di laurea in Economia aziendale. Quando smetterò resterò nel calcio».
Allenatore o dirigente?
«Vorrei allenare, la scrivania non mi piace. Ho bisogno di respirare il profumo dell’erba». 

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